Profumo ai vertici del Pd? La sinistra si lascia tentare Ora Bossi teme i tedeschi

L’ironia di Fioroni: "Grande idea prenderci uno che è già stato sconfitto da Berlusconi". Ma nei sondaggi interni sarà testato anche il suo nome. Ora Bossi teme i tedeschi: "Le fondazioni ci defendano da loro" 

Profumo ai vertici del Pd? 
La sinistra si lascia tentare 
Ora Bossi teme i tedeschi

Roma - E se il «Papa straniero» fosse Profumo? Non il Profumo dello scandalo britannico: il banchiere italiano, quello appena dimissionato da Unicredit, è finito nel totonomine del premier Pd.

La sua fede democratica è nota, il banchiere si mise addirittura disciplinatamente in fila per le primarie del 2005 (Prodi) e del 2007 (Veltroni), quando la moglie Sabina Ratti era candidata in appoggio a Rosy Bindi. «Ma nessuno del Pd ha mai dettato niente nè chiesto alcunchè ad Alessandro Profumo», ha assicurato ieri Romano Prodi. L’ex premier ribadisce la sua stima: «Un manager di classe che ha costruito una banca multinazionale con radici italiane»; ma non si sbilancia sul futuro politico del banchiere. «Grande idea prenderci come leader uno che è già stato sconfitto da Berlusconi...», ironizza invece perfido Peppe Fioroni, uno che - da buon post democristiano - al mito della «società civile» e dei manager lanciati in politica «con l’imprimatur dei giornali-partito» non ci ha mai creduto granchè, fin dai tempi del medesimo Prodi.

Ma nei sondaggi riservati con cui il centrosinistra testa la fiducia nei leader o potenziali tali, rivela Repubblica, l’appeal del nome di Alessandro Profumo (accanto a quelli di altri big del mondo imprenditoriale come Emma Marcegaglia o Luca di Montezemolo) sarà misurato. Anche se dal Pd se la prendono con Carlo De Benedetti, colpevole a detta di molti di aver buttato il nome in pista: «E da un giornale che è riuscito a sostenere come candidati premier Renato Soru o Nichi Vendola, e ora ci propone il miliardario Profumo, non ci si può aspettare gran credibilità», sbotta un esponente di rilievo. Pierluigi Bersani liquida la faccenda: «Per quel che lo conosco, non mi è mai sembrato molto interessato ad un’avventura di questo genere». Anna Finocchiaro non nasconde l’irritazione: «Leggo che oggi si parla anche di Profumo come futuro leader del centrosinistra», dice la capogruppo al Senato. «Ma la scelta della leadership fatta così, con la lotteria dei nomi e anche delle alleanze è abbastanza stucchevole, inutile, fa perdere tempo e divide anche». Sarcastico Marco Follini: «Stimo Profumo, e anche per questo non mi sentirei di chiedergli di fare il commissario politico dell’opposizione: un papa straniero deve almeno avere la vocazione». E Francesco Boccia sorride: «Se andiamo in giro nei bar di tutta Italia a testare la popolarità di Profumo le risposte si divideranno tra Acqua di Parma e Chanel». Come dire: e chi lo conosce?

In realtà, ai piani alti del Pd l’idea del «papa straniero» è poco gettonata, anche dai suoi stessi sponsor, come Walter Veltroni: la sensazione crescente è che le prossime elezioni politiche, probabilmente assai ravvicinate, difficilmente saranno quelle della riscossa contro Berlusconi. «Il premier è uscito più forte che mai dalla partita Unicredit, chiudendo l’asse con Geronzi e portando tutto quel che resta del capitalismo italiano dalla sua parte: assicurazione, banche, stampa», è il ragionamento di un dirigente Pd vicino al segretario e a D’Alema. «Non è mai stato così al centro del potere vero, anche se paradossalmente questo non si traduce adesso in stabilità politica attorno alla sua leadership». Ma proprio per questo Berlusconi «potrebbe essere tentato di andare al voto in primavera e tagliare le gambe ai suoi avversari interni come Fini e a tutti i coloro che sognano terzi poli come Casini o larghe intese come Tremonti». I vertici Pd sono convinti ormai che, in queste condizioni, «l’Udc di Casini non si alleerà mai con noi», al massimo resterà ancora un giro a guardare, abbandonando Fini al suo destino. Quanto a Tremonti «è il vero sconfitto della partita Unicredit, tanto che nelle ultime 24 ore ha cercato la nostra sponda per difendere Profumo», chiamando Enrico Letta e Massimo D’Alema.

Insomma, difficilmente un candidato esterno di peso si brucerebbe in una contesa elettorale senza speranza o quasi. Ragion per cui, in questo scenario, sia Veltroni che D’Alema sarebbero per una volta d’accordo: si candidi il segretario, con la benedizione di tutti.

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