Progetto Scrinium: come produrre splendidi falsi d’autore (a fin di bene)

Quando si dice la Provvidenza: imprevedibile e, talvolta, anche capricciosa. Ecco i fatti. L’Archivio Segreto Vaticano, il deposito certamente più ricco, delicato, prestigioso e prezioso al mondo di documenti e manoscritti che hanno segnato le tappe memorabili della storia dell’Occidente, a un certo punto ha avuto bisogno di un qualcosa. Un miracolo? Forse. Ha avuto bisogno di un quid, di un congegno che salvasse il materiale custodito dal logorìo dovuto all’accavallarsi dei secoli e dei millenni. Un bel giorno, a un tizio dal nome anche abbastanza comune, Ferdinando Santoro, viene in mente un’idea che si rivela geniale. Il cuore del Santo Archivio, nella persona del prefetto, monsignor Sergio Pagano, spalanca le porte a Santoro. Qual è stata la formula, il «sesamo apriti»? È stata: facciamo copia degli originali custoditi nell’Archivio Segreto, nella Biblioteca apostolica, nei Musei vaticani. Ma ancor più sconosciuto, se non banale, è il luogo dove il progetto - battezzato Scrinium - va a collocarsi. Non è la Città del Vaticano, non è Roma o Milano, Torino, Firenze ecc. È il 246 di via Terraglio, tra Mestre e Treviso. Il palazzotto non è male, ha all’estremo fregi e fasce ornamentali che fanno pensare all’edilizia anni Venti; e tutt’intorno non mancano cedri e magnolie e siepi di bosso.
L’accoglienza è cordiale, negli ambienti arredati con sobrietà quasi monastica, e il direttore che viene a incontrarci è già ben attrezzato allo scopo. È accompagnato dall’addetta commerciale, che provvede a depositarci davanti - chiusi in cartelle e contenitori - i capolavori che si fabbricano tra queste mura. Mi annoto i termini e le frasi che lui usa, nel descrivermi il processo che, partendo dai cimeli originali, vecchi di secoli, gelosamente custoditi in quel naos delle Sacre Mura, approda al top che qui si produce (o - ad essere esatti - si riproduce). Lui parla di «obiettività e conformità fin nei minimi dettagli», di «analisi e ricostruzione tecnica dei materiali», di «massimo rigore scientifico e passione per la verità», e naturalmente di appello ai «migliori specialisti nel campo». Si fa ricorso al latino non soltanto perché fu la lingua con cui questi documenti vennero redatti, ma perché esso suona solenne come rintocchi di una campana. Dunque qui si fabbricano «Exemplaria praetiosa», numerati ovviamente con cifre romane. Abbiamo sotto i nostri occhi la Causa anglica, il tribolato caso matrimoniale di Enrico VIII Tudor; il Processo contra templarios, riguardando la condanna per eresia e la successiva assoluzione canonica dell’Ordine da parte di Papa Clemente V; e abbiamo infine Munificentia venetiarum, ossia l’atto di liberalità a favore della Chiesa di Roma da parte della Repubblica Serenissima, nella persone del doge Pasquale Cicogna (1585-1595». Quale l’eco suscitata nel mondo della cultura? «Enorme! Progettando, realizzando e distribuendo in tutto il mondo opere di valore straordinario, sia storico sia artistico, Scrinium ha attirato l’attenzione di prestigiose istituzioni nazionali e internazionali, oltre che dei più esigenti collezionisti». Continua a elencarmi i pregi addirittura unici di Scrinium: «elevato standard qualitativo, lunghe e accurate ricerche», «importanti centri di studio coinvolti», «studiosi e specialisti impegnati», specie del mondo austriaco e tedesco.
Forse una delle imprese di Scrinium, più ardua e spettacolare, è la ricostruzione della lettera che i Lords d’Inghilterra inviarono a Papa Clemente VII, datata 13 luglio 1530, perché aderisse al desiderio di re Enrico VIII di divorziare dalla moglie Caterina d’Aragona. Dire lettera è un eufemismo. Si tratta di una pergamena larga quasi un metro, con 83 sottoscrizioni in 13 colonne, delimitate da un’unica fettuccia di seta intrecciata da cui pendono ben 81 sigilli in teche di latta. Tutto puntigliosamente ricostruito! Costo dell’impresa? «Sui cinquantamila euro» rivela il direttore. Ecco lo stesso prof. David Starckey, esperto dei Tudor, che ammira rapito l’incredibile clone, lo stupefacente gemello omozigote dell’originale. Bellezza e Verità è il binomio che guida lo «Scrinium», mi si dice; ed è noto che Sant’Agostino nella bellezza intravedeva la nostalgia di Dio.


Alle labbra mi sale una metafora che suona forse insolente, ma che è solo frutto di grande ammirazione. Dico: «Siete dei falsari perfetti, veri maestri della contraffazione!». Il presidente di «Scrinium» la prende come un complimento. Replica: «Giusto! Ma la nostra è una falsificazione benedetta».

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