Antiquato, redatto da epigoni svogliati della celebre scuola di formazione del Pci alle Frattocchie. Questa è la prima impressione che si ricava dalle 281 pagine del Programma dell'Unione. Tanto fumo (le accuse rivolte in questi cinque anni a ogni decisione del governo) e poco arrosto (le proposte, spesso frutto di compromesso tra le posizioni dei partiti della coalizione). Silenzi e contraddizioni con qualche furterello, non riconosciuto, al bagaglio del centrodestra. Un documento fatto con ritagli di giornale, di interviste, di discorsi occasionali dei leader del centrosinistra. Con un'idea vecchia: quella, appunto, del «programma» onnicomprensivo, da scolastica di sinistra, che ogni organizzazione moderna, che lavora su obiettivi, respingerebbe. Esemplifichiamo.
Riforma costituzionale. L'incipit dell'intero documento, dedicato alla difesa dei valori della Costituzione, si apre con una strana definizione del ruolo delle istituzioni democratiche: «In ogni democrazia le istituzioni sono lo strumento fondamentale per garantire i principali valori costituzionali: libertà, partecipazione, pluralismo, equilibrio dei poteri». Manca il riferimento ai «diritti», cioè al fondamento stesso del moderno costituzionalismo liberale. Una svista?
Segue una forte contraddizione. Da un lato l'Unione non propone una grande riforma costituzionale, «semplicemente perché non ce n'è bisogno», e poi perché ogni modifica «deve essere frutto del coinvolgimento di tutte le parti politiche e sociali». Da questo non si capisce da dove dipenda il bisogno di cambiamenti: se da una valutazione politica o dal coinvolgimento di tutte le parti. In concreto l'Unione si propone di modificare l'art. 138, «elevando la maggioranza necessaria per l'approvazione, in seconda lettura, di leggi di revisione costituzionale». Questo significa che, usando le regole della Costituzione attuale, la sinistra si propone di blindarla, rendendola ancora più rigida di quanto vollero i Padri della Carta nel 1946-1947.
Poi si scippano al centrodestra riforme fatte nella riforma costituzionale già approvata ma da sottoporre a referendum: 1) l'attribuzione al Primo ministro del potere di nominare e revocare i ministri (il testo parla di proposta al presidente della Repubblica, ma pudicamente non dice se questo deve accettarla o può rifiutarla); 2) la possibilità di sfiduciare il Primo ministro solo attraverso una mozione di sfiducia costruttiva, indicando un candidato successore; 3) il superamento dell'attuale bicameralismo paritario, ovvero istituendo un Senato che sia Camera di effettiva rappresentanza delle regioni e delle autonomie.
Fermiamoci qui: si tratta di riforme già approvate dal centrodestra. Ma ce ne sono altre (come la riduzione del Senato a 150 membri). E allora come la mettiamo con l'affermazione preliminare e apodittica che non c'è bisogno di una grande riforma costituzionale?
Sistema elettorale. Il Programma critica la riforma in senso proporzionale del centrodestra, ma non specifica che cosa intende fare, limitandosi ad affermare l'esigenza di «un sistema elettorale che consenta una scelta chiara e consapevole, e che assicuri insieme la rappresentanza e la governabilità». È uno dei casi di silenzio dettati dalle contrastanti esigenze dei partiti dell'Unione: grandi e piccoli. Prodi ha detto che si tornerà al maggioritario; ma il Programma non lo dice. Forse vale l'esperienza dei negoziati di questi giorni sulle candidature: ai piccoli partiti (ovvero ai loro leader) si concede, da parte dei maggiori, un «diritto di tribuna».
Pubblica amministrazione. È il lato dolente della storia dell'Italia dall'unificazion in poi. È lo scoglio su cui si sono incagliati tutti i governi. Ma ciò che propone l'Unione - e che oggettivamente dovrà essere fatto - è niente altro che l'utilizzazione di uno dei maggiori risultati del governo di questa legislatura, e cioè la progressiva informatizzazione della pubblica amministrazione. Infatti il Programma propone, tra l'altro, la riduzione dei tempi e dei costi degli adempimenti burocratici delle imprese, la realizzazione degli sportelli unici del cittadino, la progressiva eliminazione dei certificati, la rimozione degli ostacoli normativi che impediscono di effettuare on line le procedure amministrative di maggiore impatto per cittadini ed imprese.
Giustizia.A parte la scontata denuncia alla Cdl di avere praticato uno «spregiudicato ed arrogante attacco alla libertà e all'autonomia della giurisdizione» e il tentativo di addebitare al centrodestra i ritardi nei giudizi - male pluridecennale -, si ammette che «il primo obiettivo da realizzare è una giustizia efficace e tempestiva: il che può avvenire solo con un progetto organico di riforma della giustizia e della sua amministrazione». Non solo vengono promessi i «misuratori di efficienza» e gli «standard di produttività» contestati al ministro Castelli, ma si afferma che la carriera deve essere sottoposta «ad una valutazione di professionalità permanente, basata in particolare su standard di produttività, laboriosità e correttezza predeterminati e su controlli periodici». Insomma, «di tutto e di più» di quello che ha fatto il centrodestra, che si conferma sulla strada giusta. Per concludere con l'impegno a «realizzare un'efficace e rigorosa separazione di funzioni fra magistratura giudicante e magistratura inquirente, e contribuire a realizzare nel processo penale una effettiva terzietà del giudice ed una effettiva parità tra accusa e difesa».
Pensioni. Nonostante la negazione dei benefici presenti e futuri della riforma previdenziale del centrodestra, e il tentativo di catturare psicologicamente i pensionati, il centrosinistra non promette molto a questa categoria. Ipotizza una «quota fissa di pensione», finanziata per via fiscale, da aggiungere alla parte funzionante con il sistema contributivo, ma ne riconosce la problematicità e, per non assumere impegni precisi, sostiene che «nel valutare gli interventi in favore dell'adeguatezza delle pensioni, non va comunque trascurato il fatto che le misure di carattere ridistributivo... tendono a innalzare il debito pubblico». Poche speranze, quindi, per i pensionati, per i quali l'Unione non esclude nemmeno di «approntare misure efficaci che accompagnino verso un graduale innalzamento dell'età media di pensionamento».
Economia. La proposta più innovativa, fatta da Prodi, quella sulla riduzione del cuneo fiscale di cinque punti entro il primo anno, non trova spazio nel Programma. Da qui la legittimità del sospetto che Prodi non abbia fatto bene i conti oppure che la «Fabbrica del Programma» li abbia fatti e abbia preferito sorvolare. Nel Programma, nonostante gli assalti feroci degli ultimi tre anni, alla fin fine non si propone l'abrogazione della Legge Biagi, ma solo una revisione.
Conclusione. Mentre di Pacs non si parla e nemmeno di cosa si intenda per matrimonio, in omaggio alla feroce polemica che coinvolge Rutelli, da una parte, e la Rosa nel pugno, dall'altra, per l'Irak si ribadisce in modo ambiguo un ritiro immediato.
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