«Il proibizionismo di regime ha fatto un’altra vittima»

In Italia l’attuazione della legge, in questo caso della legge proibizionista, è miope e spietato allo stesso tempo: al prof. Henriquet si imputa il fatto di non aver distrutto subito costose confezioni di medicinali, inscriti dalla legge nelle tabelle degli stupefacenti, in presenza dei parenti di malati deceduti, che avevano portato tali farmaci all’Associazione Ghirotti con l’intento di far risparmiare la sanità pubblica!
«Dura lex sed lex», potrebbe dire qualcuno; in realtà, ci troviamo di fronte all’applicazione spietata e irragionevole di un proibizionismo sulle droghe che si trasforma in proibizionismo sulle cure e in repressione di coloro che curano sforzandosi di interpretare la legge con pietas e ragionevolezza.
E questo succede in uno Stato e in una materia in cui l’inattuazione della legge è la regola: quale procura in Italia ha avviato indagini sulla mancata attuazione della riforma della medicina penitenziaria (D.I.gs 230 del 1990), che equipara l’assistenza sanitaria dei cittadini detenuti a quelli oltre le sbarre? Quale procura in Italia si è chiesta perché in tante carceri il metadone è proibito mentre la droga dilaga? Quale procura in Italia ha verificato semplicemente il rispetto dei giorni e degli orari di apertura dei servizi tossicodipendenze, fissato senza possibilità di equivoci dalla legge «Craxi-Jervolino-Vassalli» (art. 118 del DPR 309/90 e Decreto 444/90)?
Il Prof.

Henriquet si era battuto in passato perché vi fossero risposte a queste domande; si era candidato nel 1993 fra i capolista della Lista Pannella per il consiglio comunale di Genova; aveva fatto la campagna per il Sì al referendum sulla droga; aveva firmato nel 1999 l’esposto alla Procura di Genova di Genova (archiviato) sull’inattuazione delle disposizioni di legge sui Sert e sui trattamenti metadonici... È questa la sua grave colpa?.
Alessandro Rosasco
Comitato Nazionale
Radicali Italiani

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