da Roma
Ha girato quasi 50 film, con registi del calibro di Lumet, Monicelli, Magni, Altman, Tavernier, eppure c'è chi continua a sostenere che «non buca lo schermo». Il colmo per Gigi Proietti. Così ha preferito dedicarsi al teatro e alla tv, facendo ascolti pazzeschi. L'altra sera, mattatore unico a Matrix, ha totalizzato il 21,78 % di share, nelle stesse ore (la puntata era registrata) circa 2.400 spettatori lo seguivano dal vivo a Di nuovo Buonasera che da due mesi riempie all'inverosimile un teatro tenda romano. «Smetto il 20 marzo, non ho più la voce», sorride al telefono. Giusto il tempo di riposarsi un po, perché a fine aprile l'aspetta il film dei Vanzina, Un'estate al mare, per un ruolo di raccordo. «Ne stiamo parlando, dovrei fare un doppiatore che riceve gli sketch girati e li commenta. Un espediente narrativo per cucire le varie storie, scherzandoci sopra», rivela. Con i Vanzina si intende. Un po perché li ha visti crescere, un po' perché deve molto al ruolo che gli disegnò addosso Stefano Vanzina, in arte Steno, con Febbre da cavallo, nel lontano 1976. Alzi la mano chi non ha riso con la gag del «whisky maschio», una delle tante contenute in quel film diventato nel tempo oggetto di culto, tanto da meritarsi un seguito recente, La Mandrakata, firmato proprio dai Vanzina. «Che le devo dire? Quel poco cinema che faccio me lo offrono Enrico e Carlo. Sono intelligenti, spiritosi, è intrattenimento piacevole, il set diventa un gioco». In effetti, Proietti va sul sicuro con loro, perfino Le barzellette, quando appare lui, salgono di tono.
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