Proposta +39: diamo spazio anche ai piccoli

da Valencia

Giovanni Ceccarelli, designer di +39, barca italiana che non ha raggiunto grandi risultati alla seconda esperienza di Coppa, ha ragione Brad Butterworth quando afferma che il design è ancora fondamentale per vincere?
«La barca più veloce ha maggiori possibilità rispetto a una lenta con un ottimo equipaggio. Anche se le barche attuali sono molto livellate, il danno di un errore di scelta tattica non può essere neutralizzato con la velocità pura».
Quali le differenze tra Emirates e Alinghi?
«Team New Zealand ha affrontato le selezioni e un periodo di regate più lungo e quindi è una barca più all round rispetto ad Alinghi. Il meglio di Alinghi non l'ho visto sott'acqua, ma nel piano velico, nel sistema albero vele che mi sembra superiore sia a quello dei neozelandesi, sia a gran parte dei challenger».
Luna Rossa ha probabilmente costruito la campagna migliore della propria storia. Risultato modesto, per la prima volta la finale della Louis Vuitton è terminata 5-0. Ci sono motivi tecnici?
«Probabilmente si è trattato di una barca creata attorno a un timoniere puntando molto sulle sue doti di partenza. Il timoniere purtroppo non è bastato. Hanno costruito due barche diverse di cui la seconda molto estrema, forse più difficile da mettere a punto specialmente alle andature portanti. Forse si è colpevolizzato il tattico Torben Grael che ha cercato contro i kiwi di aggiungere qualcosa che non sentiva di avere. Nel complesso è stato un ottimo lavoro, una squadra forte e compatta».
Sul piano tecnico-sportivo qual è il messaggio di questa Coppa?
«Anche team piccoli hanno dimostrato di poter essere competitivi contro i grandi se sanno gestire bene idee innovative e risorse. Abbiamo avuto la conferma che la Coppa america non è solo, come nel passato, un gioco per i grandi ricchi. Dal punto di vista tecnico questa classe, pur vecchia di oltre 15 anni, ha prodotto ancora un’evoluzione. È auspicabile per non perdere un grande patrimonio tecnico che la classe non venga stravolta».
C'è un rimpianto?
«Non aver potuto navigare con Ita 85 nei mesi invernali per la messa a punto. Saremmo stati molto più forti e vicini agli altri. Barca ed equipaggio c'erano».


Una proposta per un formato futuro?
«Credo che non si debba superare il numero di 12 iscritti, ci vuole più spazio per i Round Robin con un formato che dia più visibilità per più tempo a tutti i team. Questa volta è stato troppo riduttivo per lo spettacolo passare in poche settimane da undici sfidanti a quattro semifinalisti. Gli Act sono stati un momento molto positivo e sono da ripetere».

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