Proprietà esclusive, disturbo e condominio

Accade spesso che determinate attività svolte in locali di proprietà esclusiva, per il loro concreto atteggiarsi, rechino disturbo agli altri condòmini dello stabile e che, di conseguenza, l'amministratore di condominio sia chiamato ad attivarsi per far cessare gli abusi. Viene, però, da domandarsi: può l'amministratore intervenire sull'uso delle parti del fabbricato di proprietà individuale?
La giurisprudenza ha risposto positivamente al quesito, precisando tuttavia che tale uso deve integrare una violazione del regolamento di condominio, con conseguenze pregiudizievoli sui beni condominiali. Secondo la Cassazione, infatti, l'amministratore del condominio è legittimato a far valere in giudizio le norme regolamentari anche quando esse dettino prescrizioni che si riferiscano all'uso di cose di proprietà individuale, purché «incidano sulla disciplina e sui rapporti relativi alle cose comuni, cosicché la violazione di dette prescrizioni si risolva in un uso della cosa di proprietà individuale che si rifletta sulle cose comuni, ponendo in essere un uso abnorme delle stesse» (sent. n. 2499 dell'8-4-1983). Tale principio è stato ribadito, più recentemente, da altre due pronunce della Suprema Corte, sempre con la precisazione che le predette norme regolamentari devono essere «rivolte a tutelare l'interesse generale al decoro, alla tranquillità ed all'abitabilità dell'intero edificio» (sent. n. 8486 del 6-8-'99 e sent. n. 14735 del 26-6-'06).


Appare pacifico, dunque, che l'amministratore di condominio, ma solo laddove il regolamento contenga determinate prescrizioni riferibili all'uso delle proprietà esclusive la cui inosservanza comporti conseguenze negative sugli interessi condominiali, abbia titolo per attivarsi, e ciò senza necessità di alcuna previa delibera assembleare.
*presidente Confedilizia

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