Sull’accusa più economicamente esigua ma umanamente forse più imbarazzante, i mille euro fatti pagare dalla Regione alla giovane standista russa Elena Novikova per una prestazione mai effettuata, l’interrogatorio di Pier Gianni Prosperini è scivolato via come si fa tra gentiluomini, con l’assessore che dà la sua versione e il giudice Ghinetti che non infierisce. Ma Prosperini - nell’interrogatorio reso sabato nel carcere di San Vittore - ha voluto rispondere punto per punto sul resto dei capi d’accusa che lo hanno portato in carcere giovedì scorso. «Gasato» e «combattivo», come lo ha descritto alla fine il suo avvocato Ettore Traini, che al termine ha avanzato al gip istanza di scarcerazione.
Già sabato erano trapelati alcuni dettagli sulla spiegazione che Prosperini aveva dato al giudice del consistente flusso di soldi - 230mila euro in due tranche - ricevuto dall’imprenditore Raimondo Lagostena, titolare di Odeon Tv, anche lui arrestato e interrogato poco prima di lui. Entrambi hanno sostenuto che non si tratta di una corruzione, ma del corrispettivo di una mediazione per l’acquisto da parte di Lagostena dell’emittente veneta Televerona, rilevata nel 2006. Ma ora si apprende che l’assessore ha anche contestato energicamente la sua possibilità di influire concretamente sull’esito della gara d’appalto che - secondo l’accusa - costituirebbe la contropartita dei versamenti estero su estero ricevuti da Lagostena: l’asta per aggiudicare il progetto regionale di comunicazione turistica nel biennio 2008-2010, importo sette milioni. «Non avevo alcuna voce in capitolo - ha detto in sostanza Prosperini - né dell’appalto, né sulla nomina dei componenti la commissione chiamata a valutare le proposte».
Secondo il capo d’accusa, Prosperini avrebbe messo in condizioni il raggruppamento guidato da Lagostena di conquistare l’appalto conoscendo anzitempo il contenuto del bando. Ma l’assessore ha fatto presente che ad aggiudicare l’incarico non fu il suo ufficio, ma una commissione di tre membri, nessuno dei quali nominato da lui ma dal dirigente Michele Colosimo. Nella ricostruzione dell’accusa, peraltro, i contatti intorno alla gara avvengono tra uno dei tre membri - il presidente della commissione Gianpiero Viotti, indagato ma non arrestato - e il consulente di Lagostena, Massimo Saini: che, dalle conversazioni, risulta essere in possesso della bozza d’appalto prima della sua pubblicazione, avendola ricevuta da una segretaria che ha frequentato per qualche tempo.
L’ipotesi dell’accusa è che Saini sia intervenuto per modificare quella bozza «in accordo con Prosperini e Lagostena». Una versione di Saini per ora non esiste, perché dopo l’arresto si è rifiutato di rispondere alle domande. Ma Prosperini la sua l’ha già fornita: «Io non potevo influenzare un bel niente».