Pierluigi Bonora
nostro inviato a Parigi
«Con la nostra auto a doppia alimentazione, benzina-idrogeno, vogliamo affrontare questi anni di transizione. Quelli, cioè, durante i quali sarà creata nel mondo unadeguata rete di infrastrutture. Ma il nostro obiettivo reale resta quello di far camminare una vettura solo con lidrogeno. E se la nostra visione sarà esatta, un giorno lintero portafoglio prodotti di Bmw funzionerà con questo carburante alternativo. Ma i tempi sono ancora molto lunghi». Per il gruppo automobilistico bavarese è tempo di sfide.
Da una parte, quella appena descritta al Giornale da Michael Ganal, membro del board di Bmw Group e responsabile mondiale vendite e marketing; dallaltra, dopo un difficile 2005, lobiettivo di arrivare alla fine dellanno a un utile lordo di 4 miliardi. Target, questultimo, rimarcato dal neopresidente Norbert Reithofer nei giorni scorsi al Salone di Parigi. La nuova auto benzina-idrogeno, una Serie 7, disponibile dal prossimo anno, avrà come primi utilizzatori un centinaio di personalità (due o tre quelle selezionate in Italia), che fungeranno da «ambasciatori» di questa tecnologia. «Del resto - precisa Marco Saltalamacchia, presidente di Bmw Italia e da gennaio numero uno europeo (Germania esclusa) della casa bavarese - i combustibili fossili sono destinati a finire e, da parte nostra, auspichiamo in un distributore fisso a Milano, mentre sono in corso trattative per un impianto da installare a Roma». In Italia, a questo proposito, la Bmw è in contatto anche con il Gruppo Eni che si è mostrato interessato allevoluzione del progetto.
Dottor Ganal, lidrogeno resta il vostro chiodo fisso...
«Sì e siamo convinti che la soluzione temporanea benzina-idrogeno sarà seguita anche da altri. Certo è che i governi devono ancora emanare norme specifiche sulla materia, mentre lindustria petrolifera è chiamata a nuovi investimenti».
Cambiamo argomento. Quali conseguenze vi aspettate dal cambio della guardia al vertice del gruppo, dopo laddio di Helmut Panke?
«Il gruppo ha raggiunto uno sviluppo straordinario. Nessuno si attende brusche sterzate. Non ci sono motivi perché ciò avvenga».
E la sfida sul fronte finanziario?
«Lobiettivo di un risultato di 4 miliardi per il 2006 è un primato unico. Nel 2005, per il dollaro debole e i prezzi alle stelle delle materie prime, abbiamo fatto fronte a costi supplementari per un miliardo. Siamo comunque riusciti a riequilibrare i conti. Ora il target di 4 miliardi, nonostante la persistente debolezza del dollaro, fa capire come il gruppo mantenga unattenzione elevata rispetto alla struttura dei costi».
Entro il 2010 Bmw Group intende produrre 1,6 milioni di veicoli. Il passo successivo?
«Cominciamo a vincere la sfida che ci siamo posti entro il 2010».
Il marchio Mini sarà sempre più globale ed è pronto a proporsi sul mercato indiano. Nei Paesi emergenti cè spazio per modelli di tendenza come la Mini?
«Mini vive di una filosofia che non associa più il grande al costoso. Nei mercati dalla Cina allIndia, invece, esiste ancora questa mentalità. Ecco perché Mini, in tali Paesi, non rappresenta ancora unattrattiva. Diverso è il discorso per il Giappone, dove vale la filosofia del nostro brand. Comunque la produzione di Mini nei mercati in via di sviluppo non è, al momento, nei nostri piani».
Al Salone dellauto di Parigi sono presenti anche alcuni costruttori cinesi. E proprio sotto la Muraglia è stato realizzato un «veicolo-fotocopia» del vostro X5...
«È veramente inaccettabile. I tentativi di plagio, però, sono da intendere come una sorta di riconoscimento delle nostre capacità. Di danni veri, comunque, non ne riscontriamo».
Allinterno di Bmw Group lei è alla guida della divisione Rolls-Royce.
«Quando porteremo al pieno successo anche la Rolls, allora saremo il numero uno assoluto tra i premium nel mondo».
Quanti gruppi si confronteranno da qui a 10 anni?
«La situazione non cambierà di tanto. La dimensione non è la ricetta per avere successo. Avremo 10-15 costruttori con un numero superiore di marchi».
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