nostro inviato a Bari
Lesecuzione è avvenuta alle 10.32, senza preavviso. Doveva suonare tre volte una sirena, ma forse è stata sopraffatta dal frastuono degli elicotteri. Così il boato sordo ha sorpreso tutti. In pochi secondi il palazzaccio di Punta Perotti si è accasciato come un condannato alla fucilazione: le cariche ai piani bassi l'hanno fatto cadere in ginocchio, le altre raffiche di detonazioni l'hanno steso mentre un nuvolone di polvere grigia si levava come un sottomarino in emersione, appestava per mezz'ora il quartiere Japigia di Bari e poi volava via assieme ai rimorsi per aver ridotto in macerie lavoro, risparmi, investimenti, speranze di tanta gente.
L'ecomostro di Punta Perotti è crollato. La «saracinesca» sul lungomare di Bari, i 13 piani di orrore architettonico incompiuto, l'abuso che non è un abuso, «l'allegoria dell'inaccettabile arroganza dei potenti», come dice il sindaco Michele Emiliano, magistrato di sinistra in aspettativa. Ieri è toccato al primo dei tre blocchi, 100mila metri cubi che appartenevano ai Matarrese; per gli altri due lotti lo spettacolo è rimandato di tre settimane, durante il ponte del 25 Aprile, quando non ci saranno più né i 225 giornalisti accreditati né la corsa a prenotare battelli e terrazzi, niente dirette tv e internet, festini dell'Unione in piazza Diaz, gite in barca preelettorali come quella fatta sabato da Alfonso Pecoraro Scanio. Il grande dramma è andato in scena ieri, questa è la data simbolo della sfida e della rivincita. «Per una volta pagano i potenti, crollano gli interessi miliardari di chi ha speculato», sintetizza il governatore pugliese Nichi Vendola.
La gente si era data appuntamento presto, verso le otto e mezzo le prime avvisaglie avevano già conquistato giardini, muriccioli e la spiaggia di Pane e pomodoro, qualcuno con tutto l'occorrente per un'intera giornata di mare. Due ore dopo erano un migliaio gli spettatori equipaggiati di cappellini e macchine fotografiche sotto il sole, famiglie, gruppi di curiosi, ma anche pullman di ambientalisti da fuori. Mattinata difficile per Bari: la maratona di Vivicittà, il comizio di Gianfranco Fini in centro e il ground zero di Punta Perotti che ha bloccato le auto in mezza città dalle 6.45 a mezzogiorno, fermato i treni, interdetto lo spazio aereo, vietato lo specchio di mare antistante per 0,3 miglia (oltre mezzo chilometro) e indotto a pregare San Nicola che mandasse il sole e magari un po' di vento da terra per spingere il polverone sull'Adriatico. La parrocchia di San Sabino, costruita dai Matarrese per i futuri fedeli di Punta Perotti, ha anticipato di mezz'ora la messa delle 10.
L'operazione è stata chirurgica. I tecnici della General Smontaggi di Novara avevano simulato al computer gli effetti dell'implosione fissandola tra le dieci e mezzo e le undici: tutto come previsto, con puntualità piemontese. Fino a sabato sera hanno indebolito le strutture portanti, piazzato 3.600 metri di miccia, 160 detonatori, mille candelotti per complessivi 350 chili di esplosivo nei pilastri di calcestruzzo. Il mostro era brutto ma ben fatto.
Poco dopo le 10.30 l'amministratore unico della General Smontaggi, Giovanni Conte, ha attivato l'innesco principale e la raffica di scoppi, un boato bellico, una terribile sventagliata avvertita in tutta la città.
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