Contrordine, compagni. Giulio Tremonti è un grande. Pur di seminare zizzania, e magari far cadere Silvio, Repubblica fa marcia indietro e incorona il ministro dell’Economia, ex avversario, ora divenuto come d’incanto miglior amico. Il panegirico, con partenza in prima pagina, è firmato Massimo Giannini, vice-direttore del quotidiano. L’editorialista è in estasi fin dalla prima riga. Quella di Giulio è un’«altra discesa in campo», «non populista» naturalmente e ancor meno «ideologica». Col discorso sul palco della Confartigianato, si è celebrato un «nuovo Predellino».
Lo scenario dipinto da Repubblica è a tinte forti. Da una parte l’oscurità assoluta, Berlusconi; dall’altra la luce in fondo al tunnel, Tremonti. Da una parte «il demagogo», dall’altra il tecnico animato dallo «spirito del referendum». Due rivali che combattono addirittura «una guerra fratricida». Come se non fossero nello stesso governo.
Come se la riforma fiscale proposta dal ministro non rispondesse alle richieste e alla politica del presidente. Macché. Sembra che i due militino in un partito diverso: è tutto «un braccio di ferro», una lotta continua, un tentativo di «resistere» ai desideri del premier che vorrebbe irresponsabili tagli alle tasse a costo di sprofondare l’Italia nel gorgo del deficit pubblico.
Giannini si sbilancia e guarda la sfera di cristallo: siamo agli ultimi giorni dell’Impero, Berlusconi è bollito, la maggioranza è finita, l’asse Tremonti-Lega più forte che mai. Non è la prima volta che disegna un panorama simile. Già qualche giorno fa, in pieno trip complottista, sosteneva che il ministro dell’Economia ha «precostituito un “tesoretto” segreto dentro il bilancio dello Stato, con il quale lanciare e finanziare il vero “piano di sviluppo” se e quando gli sarà affidato un governo “di emergenza”, per portare il Paese fuori dalla crisi». Glielo aveva riferito «non uno qualsiasi» ma una fonte di alto livello. Solo per caso, e per sfortuna dei lettori, anonima.
La scommessa di Giulio è reggere «l’urto» di Silvio e aprire «un orizzonte sul dopo», creando «una rete di consenso sociale che nasce dal basso, ma che sembra preludere a svolte di tipo politico. Cioè, di fatto, a un altro governo». Di previsione in previsione, di paragone in paragone, si arriva all’abbraccio mortale: Tremonti, secondo Giannini, è quasi come Massimo D’Alema. «Quasi» perché il ministro si deve accontentare di essere l’allievo del grande stratega del Partito democratico, il quale, nel lontano 1999, anticipò le mosse odierne di Giulio, sostituendo, da premier, «un’ingestibile maggioranza» con «un’infrangibile base politico-sociale». E quale e quanto successo ebbe quest’ultima operazione... Subito dopo «l’infrangibile base politico-sociale» rifilò un formidabile ceffone al governo D’Alema, travolgendolo alle elezioni regionali e costringendolo alle dimissioni. Roba da fare gli scongiuri. Ma per fortuna, secondo Giannini, l’allievo, investito da una «nobile missione», cioè andare oltre l’esecutivo, è destinato a superare il maestro. Evviva.
Resta solo una domanda. L’autore del pezzo è lo stesso Massimo Giannini che un anno fa, a Ballarò, imputava a Tremonti una manovra economica studiata per affamare i ceti meno abbienti e premiare i ricchi. Era lui? Sì, fu lui a dire: «Mi vergogno del fatto che questa manovra a me non chiederà neanche un euro di sacrificio» dopo aver constatato l’assoluta assenza «di interventi strutturali sulla spesa». Ed è lo stesso Massimo Giannini che cercava di inchiodare il ministro alle sue responsabilità rivolgendogli «un paio di domande» e rimproverandogli, nell’ordine: l’impianto fiscalmente e costituzionalmente instabile del federalismo; la mancata soppressione delle province e perfino del bollo auto; la volontà di alzare le accise sulla benzina; il silenzio sull’Alitalia. Ed è lo stesso Massimo Giannini che vedeva e denunciava strani intrecci fra Tremonti e la Mondadori, consistenti nel fatto, a dire il vero piuttosto normale, che l’azienda di Segrate, per curare i propri interessi fiscali, si fosse rivolta fin dal 1991 allo studio legale del futuro ministro, notoriamente uno dei migliori in Italia.
Ed è lo stesso Massimo Giannini che, tempo fa, ha intervistato Tremonti sulla tenuta dell’esecutivo, ottenendo questa risposta: «Il governo Berlusconi è forte e non esistono alternative credibili. Né governi tecnici, né larghe intese, Sono fuori dalla storia e l’Europa non approverebbe». O forse questo era un altro?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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