Pure l’Ocse se n’è accorta: «L’Italia cambi l’articolo 18»

Pure l’Ocse se n’è accorta: «L’Italia cambi l’articolo 18»

RomaI «supertecnici» dell’Ocse indicano la ricetta ai tecnici di casa nostra. E suggeriscono a Mario Monti il viatico con cui inoltrarsi sulla strada delle riforme, la mappa da seguire per stimolare la crescita. I consigli sono contenuti nel Rapporto annuale sulla crescita, intitolato Going for growth. Una sorta di lista delle priorità declinate Paese per Paese che per l’Italia possono riassumersi in una robusta iniezione di liberalismo economico, all’insegna del più classico «meno Stato e più concorrenza». Interventi, quelli auspicati, che entrano nel merito e non risparmiano neppure la tv pubblica, sulla quale l’invito è chiaro: privatizzare.
Lo spettro delle «buone azioni» è ampio. La prima raccomandazione è quella di proseguire con forza sulla via della riforma dell’articolo 18. «L’Italia deve ammorbidire la protezione del lavoro sui contratti standard» avverte l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse). «L’Italia non ha ancora intrapreso azioni significative» ma sta «considerando una riforma del mercato del lavoro, mirata ad ammorbidire le tutele sui contratti standard» con «una riforma del welfare per migliorare la rete di sicurezza per i disoccupati. Si attende che questa riforma venga introdotta». Quindi più flessibilità sul lavoro, dove va ridotto il «dualismo» tra posto fisso e precariato, procedendo ad «alleggerire le tutele», a fronte di meno presenza pubblica nelle imprese e meno tasse sul lavoro, che vanno invece spostate su consumi e proprietà.
L’Ocse invita poi con decisione a spingere sull’acceleratore delle liberalizzazioni e a ridurre la proprietà dello Stato «specialmente nei settori dei media televisivi, dei trasporti, dell’energia e dei servizi locali». Senza dimenticare di ridurre le «barriere normative alla concorrenza» nei settori dell’industria, delle professioni, del commercio al dettaglio e dei servizi locali. Anche perché le misure sulle liberalizzazioni del commercio introdotte col decreto di dicembre scorso «potrebbero tuttavia essere parzialmente sorpassate dalle politiche territoriali delle Regioni». «Il peggio è alle spalle - si dice sempre nel rapporto - ma la disoccupazione resterà alta per tutto il 2013, non ci saranno prospettive di ripresa e i bilanci pubblici rimarranno su livelli insostenibili per molti Paesi dell’area Ocse». Anche per questo serve più concorrenza su prodotti, professioni e servizi pubblici locali e migliore accesso all’istruzione. Nelle schede dedicate ai singoli Paesi l’organizzazione mette a confronto le raccomandazioni degli ultimi anni e le azioni effettivamente intraprese. Per l’Italia si ricorda come il referendum sull’acqua nel 2011 abbia «rovesciato i piani per privatizzare i servizi del settore». Più in generale il nostro paese, pur avendo conseguito progressi su temi come l’educazione terziaria, la decentralizzazione dei salari e la corporate governance, ha «realizzato poco nella riduzione delle società e servizi a controllo pubblico».

L’attuazione delle riforme strutturali può mitigare l’impatto della crisi, evitando che la disoccupazione resti «su livelli strutturali». Secondo l’organizzazione, «un’ampia e ambiziosa agenda di riforme potrebbe portare a una crescita annua del Pil fino all’1%, in media, nei prossimi 10 anni», rendendo la ripresa «più sostenibile ed equa».

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