«Al Qaida esulta per il malore ma l’Islam moderato tace»

da Roma

«I siti vicini ad Al Qaida esultano di fronte al malore di Silvio Berlusconi. E l’Islam moderato tace». È un’amara constatazione, quella del portavoce di Alleanza nazionale, Andrea Ronchi. Una fotografia di una situazione di indifferenza che, a suo dire, si ripete fin troppo spesso.
Onorevole Ronchi, che cosa pensa delle parole di giubilo espresse da ambienti islamici dopo l’episodio di lipotimia che ha colpito il leader di Forza Italia?
«Le reputo vergognose e vigliacche. Ma ciò che mi ha colpito di più è stata l’assenza di una presa di posizione da parte dei cosiddetti islamici moderati. Credo che abbiano perso un’occasione per far sentire una distanza plastica e visiva rispetto alle posizioni farneticanti che hanno invaso i siti».
Lei fa riferimento anche agli islamici in Italia?
«Sì, certo. Non si può predicare il dialogo e la tolleranza e poi restare in silenzio di fronte a episodi tanto gravi. Noi vogliamo il dialogo e una vera integrazione ma quando poi la minoranza islamica la fa da padrona e i fondamentalisti e i radicaleggianti dettano il passo si resta costernati. Per questo chiedo ad Amato di non perdere l’occasione della Carta dei valori che deve essere vera e non un brodo insulso. Tutti vanno messi davanti alle proprie responsabilità».
Le scene di esultanza non hanno riguardato solo i siti vicini ad Al Qaida. Anche in Italia ci sono stati episodi di giubilo.
«Sì, anche i centri sociali speravano nella dipartita del Cavaliere. E questo fa capire il clima di intolleranza che c’è in un certo ambiente che non perde occasione di istigare all’odio. Devo dire che c’è stata una caduta di stile anche da parte di Fabio Fazio e Paolo Rossi, anche se non li metto sullo stesso piano. Colpisce una cultura che non è dell’avversario ma del nemico. Quella non è satira ma offesa gratuita. C’è una grande arretratezza culturale che non contempla neppure il rispetto».
L’ipotesi di un centrodestra vivo e vincente senza Berlusconi è realistica?
«Berlusconi è il padre fondatore della Casa delle libertà. È un uomo ancora fondamentale per la politica italiana. A tutti coloro che dicono: ora riparte la corsa per la leadership dico che chi pensa di ragionare sulla malattia quantomeno fa una caduta di stile. Il nostro obiettivo è mandare a casa il governo Prodi. Poi in prossimità del voto si deciderà della leadership. E lo si farà insieme».


Le ha fatto piacere la standing ovation tributata a Montecatini a Gianfranco Fini?
«Fa piacere certo. Ma nessuno pensa di fare strappi. La missione è mandare a casa Prodi e costruire una proposta alternativa per coloro che già non si riconoscono più nel centrosinistra e non nascondono la loro delusione».

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