«Attenzione lorrore e il terrore iracheno sono tra noi». Il grido dallarme parte da Algeri, Rabat e Casablanca, ma riecheggia a Madrid, Parigi e Roma. È la grande paura del cosiddetto «terrorismo di ritorno». I servizi segreti algerini e marocchini lo conoscono sin dai tempi dellAfghanistan. I cani sciolti della jihad sopravvissuti alla guerra degli anni 80 contro lArmata Rossa fondarono, una volta tornati a casa, i primi gruppi fondamentalisti diventando il nerbo delle formazioni armate attive in Algeria negli anni 90.
Un decennio dopo i veterani jihadisti reduci dai campi di battaglia iracheni sono pronti a trasformarsi nel nocciolo duro della cellula di Al Qaida nel Maghreb. I servizi segreti algerini ne hanno già intercettati e arrestati almeno unottantina, ma si tratta della punta di un iceberg di cui nessuno conosce le reali dimensioni. Un iceberg capace di raggiungere, grazie ai flussi migratori, anche le coste di Francia, Spagna e Italia. A confermare le paure di analisti ed esperti dintelligence contribuiscono gli appelli e i proclami dei signori del terrore. Il più preoccupante è quello diffuso ieri da Abu Musab Abdel Wudud, emiro della cosiddetta Al Qaida del Maghreb, lorganizzazione che riunisce i fedeli di Osama Bin Laden in Algeria, Marocco, Tunisia e Mauritania.
Nel proclama, reso pubblico a un mese dai sanguinosi attentati dell11 aprile ad Algeri, lemiro chiama a raccolta tutti gli aspiranti kamikaze e invita i fedeli musulmani a tenersi lontani dai possibili obbiettivi dei suoi attentatori suicidi. «Chiediamo ai musulmani di evitare i luoghi dove ci sono gli stranieri, siano essi diplomatici, uomini daffari o turisti», dice Wudud in quella che sembra lanticipazione di una campagna pronta a scattare a ridosso delle imminenti elezioni algerine e a prolungarsi per tutta lestate. «A partire da questo momento aggiunge lemiro - abbiamo deciso di aumentare il volume delle operazioni kamikaze come scelta strategica nella lotta tra noi e il nostro nemico... Abbiamo perciò ordinato a tutti i capi delle nostre brigate di iniziare il reclutamento di quanti aspirano al martirio».
Il discorso, intitolato «Dove sono coloro che cercano la morte», si sviluppa in tre distinti e precisi messaggi indirizzati ai «buoni musulmani», agli stranieri e ai cosiddetti collaboratori dei tiranni. «Chiediamo a tutti i buoni musulmani della zona di evitare le basi degli uomini della sicurezza, le sedi di governo ed istituzioni pubbliche e tutti i possibili obiettivi dei nostri mujaheddin, ma fate anche attenzione spiega lemiro nel primo avviso ad evitare tutti i luoghi dove ci siano degli stranieri, siano essi diplomatici, uomini daffari o turisti». Il messaggio è una chiara minaccia ai cooperanti e alle organizzazioni umanitarie o dassistenza finanziate dallOccidente.
«Qualsiasi straniero pronto a collaborare con gli enti governativi sarà considerato complice dei criminali e diventerà spiega Abu Musab Wudud - obiettivo dei mujaheddin». Il messaggio ai «collaboratori dei tiranni» suona invece come un invito «a tornare verso la verità» per evitare la punizione dei fedeli di Al Qaida. «Gli attacchi dei mujaheddin aumenteranno e infliggeranno colpi sempre più incisivi. I soldati e i collaboratori dei governi subiranno i danni maggiori, ma chi risponderà al nostro appello - avverte lemiro - si salverà, chi continuerà a vivere da miscredente sarà punito».
Il triplice avviso alle potenziali vittime sembra da una parte una risposta alle critiche, levatesi anche da ambienti radicali, dopo la strage di civili musulmani causata dagli attentati di Algeri e dallaltra un tentativo di adeguarsi a quei princìpi della jihad, adottati anche da Al Qaida, che permettono di colpire nemici e infedeli soltanto dopo averli invitati alla conversione o alla redenzione.
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