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Al Qaida: "Pronti a un nuovo attacco, sarà più devastante dell'11 settembre"

Rivelazioni di un ex capo del gruppo terroristico a un giornale arabo: Bin Laden ha già dato l’ordine, ora si aspetta il momento propizio. Il probabile obbiettivo: Wall Street, altre Borse o Banche centrali

Al Qaida: "Pronti a un nuovo attacco, 
sarà più devastante dell'11 settembre"

«Osama Bin Laden sta preparando un attentato di gran lunga più grave di quello dell'11 settembre». Per la seconda volta in due giorni l’ombra di Al Qaida torna a minacciare gli Stati Uniti e la nuova presidenza americana di Barack Obama. Prima era toccato al capo bastone dei terroristi in Irak lanciare i suoi strali. Ieri il giornale arabo al Quds al arabi riportava minacciose rivelazioni attribuite ad «un ex leader dell'organizzazione, tutt'oggi in rapporti con alcuni elementi di Al Qaida e il suo vertice». Il quotidiano non cita il nome della fonte, che faceva parte della costola del terrore nello Yemen, una delle storiche roccaforti di Bin Laden, terra di origine della sua famiglia. Quella in cantiere è descritta come «la più grande operazione militare mai realizzata contro gli Stati Uniti d'America», secondo l’ex dirigente della cellula yemenita.
«L'obiettivo di Bin Laden - aggiunge la fonte - è cambiare, attraverso questo attacco, il volto della politica e dell'economia mondiale. Dovrebbe avvenire in risposta al rifiuto di Washington di accettare la tregua proposta negli anni scorsi dal leader di Al Qaida ai Paesi occidentali e in particolare agli Stati Uniti». Il conto alla rovescia per il grande attentato sarebbe già iniziato. «La sua esecuzione è solo questione di tempo - ha affermato il pezzo grosso legato ad Al Qaida -. L'ordine è stato già emesso dallo stesso Bin Laden. Ora bisogna solo aspettare il momento propizio, quando saranno terminati tutti i preparativi». Secondo l’ex leader jihadista l’attacco «farà sì che l'operazione dell'11 settembre divenga solo un vago ricordo». Il riferimento all’economia mondiale come probabile obiettivo potrebbe nascondere un piano di attacchi multipli contro bersagli come Wall Street, altre Borse occidentali o le banche centrali.
La strategia comunicativa di Al Qaida, in seguito all’elezione di Obama, dimostra un’escalation di minacce da parte dei colonnelli del terrore. Stranamente, però, Bin Laden ed il suo braccio destro Ayman al Zawahiri sembrano per il momento tacere. Se la minaccia del secondo 11 settembre fosse reale sarebbero pronti a farsi vivi a colpo avvenuto per «firmare» la strage, o poco prima per lanciare messaggi in codice o addirittura dare luce verde all’azione. Secondo il quotidiano arabo la rete del terrore, anziché boccheggiante si sarebbe rafforzata facendo tesoro degli errori del passato. «Al Qaida al momento controlla la maggior parte delle aree meridionali della Somalia, così come i talebani controllano gran parte del territorio dell'Afghanistan», esagera la fonte di al Quds al arabi. Poi aggiunge che «molti capi tribù controllano le province yemenite di Marib, Jawf e Sada» per conto di Al Qaida. Sarebbero passati dalla parte di Bin Laden dopo essere stati bersagliati dagli americani nella guerra globale al terrore. L’emiro che comanda le cellule integraliste nello Yemen è Naser al-Wahshi, uno dei 23 evasi, circa due anni fa, dal carcere dei servizi segreti di Sana'a, la capitale. I terroristi disporrebbero di nuovi campi di addestramento nello Yemen ed in Somalia. Solo sei mesi fa lo stesso Bin Laden ha inviato, secondo il quotidiano arabo, una lettera a tutte le cellule della guerra santa invitandole a serrare i ranghi e a non accettare alcuna tregua.
Il primo segnale che i terroristi si stanno muovendo, almeno sul piano della propaganda, è arrivato con il messaggio audio di venerdì su internet del fantomatico Abu Omar al Baghdadi, capo di Al Qaida in Irak. Ieri il New York Times rivelava che nei 25 minuti di delirante discorso l’emiro del terrore ha detto di considerare «l’elezione di Obama come una vittoria dei gruppi radicali islamici che hanno combattuto contro le forze americane». Altri frequentatori dei siti della guerra santa hanno sposato la tesi di al Baghdadi aggiungendo che la sconfitta di John McCain è in realtà «una vittoria degli insorti in Irak, dei talebani in Afghanistan, di Hamas nella striscia di Gaza e degli Hezbollah in Libano».

I terroristi sembra vedano, a torto, il presidente democratico Barack Obama, che da tempo annunciava l’intenzione di ritirarsi dall’Irak, come un nemico più debole.

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