Le dichiarazioni del rev. Paolo Farinella, che nella foto del vostro articolo appare in camicia a quadretti dordinanza, riempiono di tristezza per la totale mancanza di carità che questo sacerdote mostra nei confronti di persone che hanno opinioni e preferenze liturgiche differenti dalla sua e lascia perplessi per lignoranza dei fatti e del diritto della Chiesa.
Il sacerdote in questione dovrebbe sapere che nel diritto ecclesiastico una nuova norma non abolisce una precedente, a meno che questa non venga espressamente cancellata. Ora il Servo di Dio Giovanni Paolo II aveva convocato nel 1986 una commissione di 9 cardinali e posto loro due questioni, ovvero se la messa cosiddetta di San Pio V fosse stata proibita e se si dovesse liberalizzarla per tutta la Chiesa. Otto su nove risposero «No» alla prima domanda e «Sì» alla seconda. Se Paolo VI avesse voluto proibire in modo valido la liturgia in vigore avrebbe dovuto con un documento di uguale solennità abrogare la bolla «Quo primum tempore» di San Pio V, che aveva codificato la santa Messa di rito latino, o esprimere in altro modo solenne lintenzione di abolire il rito.
Il sacerdote in questione dovrebbe sapere che il decreto conciliare sulla liturgia, come di recente ricordato da S.S. Benedetto XVI, non prevedeva affatto le modifiche, o meglio la rivoluzione, apportata da mons. Annibale Bugnini e dalla sua commissione, tantè che la «Sacrosantum Concilum» fu votata anche da mons. Marcel Lefèbvre. Nessuno poi, malgrado perplessità e dubbi, mette in questione la validità della messa di Paolo VI celebrata secondo le edizioni originali in latino e le traduzioni approvate dalla Chiesa. Lo riconobbe lo stesso mons. Lefèbvre nel protocollo preliminare del 5 maggio 1988. Il sacerdote in questione dovrebbe essere più prudente a mettere nello stesso calderone la santa Messa, la democrazia, lo Stato di diritto, la laicità dello Stato, lecumenismo e quantaltro. La Chiesa nelle questioni del mondo lascia, purché non si tocchino i principi della Fede, libertà ai suoi figli di pensarla in modo differente. La democrazia poi nella Chiesa è praticata in modo diverso che nel mondo: tutti possono dire la loro opinione, ma chi ha la responsabilità decide. Se Gesù avesse messo ai voti la propria Passione e Crocifissione probabilmente avrebbe perso 12 a 1 e noi non staremmo a discutere qui di forme liturgiche!
Infine bisognerebbe ricordare al sacerdote in questione che in base ad una ricerca di un giornale non sospetto, il Corriere della Sera, quasi il 70% dei cattolici, i suoi firmatari fanno parte dellaltro 30%, è favorevole al ritorno, almeno come alternativa, della s. Messa in latino, che, come disse su incarico di Giovanni Paolo II il card. Castrillon y Hoyos in occasione di una celebrazione in S. Maria Maggiore durante il Giubileo del 2000, non ha mai perduto i suoi diritti allinterno della Chiesa.
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