Quando Ayroldi cambiò il referto su Totti

ARBITRI
BERGAMO-PAIRETTO

24 novembre 2004
(...)
Pairetto: «Poi c’è anche Ayroldi che deve uscire».
Bergamo: «Ma Ayroldi...».
P: «È andato in B, Paolo».
B: «Però Ayroldi si è comportato male eh?».
P: «Sì?».
B: «Ho saputo in Roma, Roma, Roma, Roma... era il quarto. È successo questo, che alla fine della partita Totti l’ha mandato a cagare e lui avrebbe dovuto scrivere che l’ha mandato... Ma di brutto... No che ha mandato lui, che ha mandato a cagare».
P: «L’arbitro».
B: «Trefoloni, Trefoloni. E nello spogliat... Mi senti?».
P: «Sì, sì».
B: «E nello spogliatoio ha detto lui che se doveva scrivere... cioè che doveva scrivere questa cosa, allora, insomma ha fatto un discorso non chiaro. Ed è stato ascoltato non da Matteo. Quando sono arrivati il giovedì all’allenamento questo cretino di Ayroldi, in allenamento, parlando con un altro arbitro e Matteo, parlando con Matteo ma con gli altri che sentivano, ha detto oh, meno male eh, che non ho scritto di Totti perché poi ripensandoci, te lo immagini, giocavano con la Juventus e metti caso lo squalificavano e perdevano poi davano la colpa che non c’era Totti. Matteo gli ha detto: ma che cazzo dici? Io guarda che di questa storia la sai te, non la so io... E cosa... Dice no, sì, ma perché lui aveva detto che l’ha mandato a cagare. Gli ho detto guarda... praticamente, lui, giustamente Matteo non ne ha voluto parlare perché mi ha detto dice guarda una cosa così, detta oltretutto mentre ci sono gli altri, eh dice è una bruciatura per lui, per me, dice, ma credimi che io questa cosa non, assolutamente non avevo sentito niente. Gli ho detto: guarda, noi non ne vogliamo parlare pubblicamente perché se no andiamo a continuare a far casino, però con Ayroldi ci parleremo io e Gigi al prossimo raduno perché la dobbiamo chiarire con lui perché anche se lui una volta si prende un’iniziativa di questo tipo la devi concordare con noi, non con se stesso, e nemmeno può parlarne con te in allenamento e in presenza di arbitri. Ma, dice, fate voi, dice, io volevo informati della cosa perché è andata esattamente così. A me mi sembra un, un piuttosto gravuccia, perché le cose sai fin tanto che si sanno le decidiamo e le affrontiamo, ma che lui, di sua iniziativa, che poi magari io considero che è un ingenuo, che è un ragazzo...»
P: «È proprio un coglioncello».
B: «Ecco. È un coglioncione, no un coglioncello».
P: «Perché lui non è un...».
B: «Non è un malizioso».
P: «No, non è un malizioso, infatti è per quello che io dico è proprio un coglione, ma Dio (...)».
B: «Ma parlarne in presenza di altri, capito?».
P: «È proprio da sciocchi».
B: «E poi nello spogliatoio mentre c’è l’osservatore, e allora vuol dire che proprio hai la testa di un uccellino, perché se no non ti ritroveresti, te ti succede una cosa così prendi l’arbitro in disparte e dici guarda è successo questo questo e quello, cosa faccio lo scrivo o no?».
P: «Appunto. E per lo meno pensare a chi gioca la settimana dopo o meno, se no».
B: «Ma perché magari lui gli è venuto in mente dopo».
P: «Magari gli è venuto in mente dopo, sì, sì, non ci ha nemmeno pensato subito, certo».
B: «Guarda, io son convinto, ci metterei la mano sul fuoco»
P: «Anch’io, anch’io».
B: «Che lui non ci ha nemmeno pensato che la partita dopo era quella di Juventus o no, ma ci scommetterei le palle. Ma è questo il discorso, ma ora lui non è più un arbitro che può essere ingenuo così perché se no veramente, hai capito, insomma ci crea problemi e non ce li risolve, ora se questa cosa la vogliamo far passare la facciamo passare...».
P: «No, però bisogna dirglielo, potremo fare... No, sai perché mi dispiace? Perché è sempre stato sfigato le ultime due volte è uscito tutte e due le volte in B che era inserito in quella di A, ti ricordi?».
B: «Sì, sì. Ah, ma figurati, te poi lo sai che mai una volta che abbiamo trovato un disaccordo su Ayroldi».
P: «No no no.

Se decidiamo di non metterlo, zero, eh? Proprio zero. Non è un problema».
B: «Ma io ti ripeto non voglio penalizzarlo, però bisogna parlarci».
P: «No, no. Dirglielo io son d’accordo con te, dirglielo sì, perché mi (...)».

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