Ero a tavola con amici, ospite di una signora. Solite conversazioni: «Berlusconi sarà la nostra salvezza...»; «ma cosa dice, quello li ci rovinerà».Sono trascorsi dieci anni secchi, sono venute giù le Torri gemelle, è ancora in corso la guerra in Afghanistan, la democrazia esportata in Irak è avariata e bisognerà buttarla nella pattumiera, ma l’argomento conviviale più trattato all’ora dell’aperitivo, a quella di pranzo e a quella di cena non è mutato: Cavaliere sì o Cavaliere no?
Nemmeno le abbuffate di denaro attribuite a Filippo Penati ci hanno distratto dai consueti conversari. Ma torniamo a quel giorno in cui ero a tavola con amici, ospite della signora. Il calendario segnava l’11 settembre 2001 e nulla lasciava presagire che, tra una portata di orecchiette alle cime di rapa (Nichi Vendola non c’entra)e un assaggio di spezzatini al sugo di pomodoro, avremmo assistito annichiliti in diretta televisiva a una «prodezza» terroristica che nessuno avrebbe immaginato si potesse progettare e realizzare.
In un angolo della stanza era piazzato un televisore dallo schermo gigante al quale, tuttavia, i convitati non avevano fatto caso, benché fosse acceso e la voce dello speaker, in sottofondo, disturbasse i miei orecchi almeno quanto il chiacchericcio dei commensali impegnati nella disputa sulle qualità e sui difetti del premier, eletto da pochi mesi.
Astraendomi dal dibattito, constatai che la domestica, una somala grassoccia di circa trent’anni, addetta a servire le vivande, aveva cambiato passo nell’andirivieni dalla cucina alla sala. Il suo incedere, fino a un certo punto lento e svogliato, pigro, divenne rapido, come sospinto da fresca energia. Nonostante la pinguedine, la cameriera sembrava addirittura che, invece di camminare trascinandosi stancamente, saltellasse giuliva, all’improvviso felice di porgere i piatti ai convitati. Incuriosito, la osservai. Lei se ne accorse e sorrise ammiccando. Ebbi l’impressione che mi volesse segnalare qualcosa che non osava dire, forse timorosa di intromettersi nelle nostre ciance berlusconiane e rischiando i rimbrotti della padrona di casa. Però insisteva nel tentativo di attirare la mia attenzione.
Infatti, impaziente di farmi capire il perché del suo atteggiamento, con un dito indicò il televisore. Mi voltai e vidi un grattacielo in fiamme e avvolto nel fumo. Rimasi impietrito, incapace di comprendere. Quindi mi abbandonai a una esclamazione (che ora censuro) e tutti puntarono lo sguardo su quelle immagini, e ammutolirono. Ascoltammo il commento confuso dello speaker. Non era facile comprendere cosa fosse accaduto e stesse accadendo. Ci soccorse la ragazza somala che, infischiandosene delle nostre riflessioni su Berlusconi, al contrario di noi aveva seguito dall’inizio il collegamento televisivo con New York e aveva colto non solo la dinamica dell’attentato, ma anche il suo significato politico.
Raccontò tutto per filo e per segno, interrompendosi a tratti per prendere fiato, senza trascurare i particolari sui quali, anzi, si soffermò compiaciuta, sicura di sé, non più cameriera intimidita dalla padrona e dagli ospiti, ma protagonista per riflesso di un evento storico che la riempiva di orgoglio, perché compiuto dalla sua gente, islamica quanto lei.
Gli occhi della ragazza brillavano, esprimevano la soddisfazione di chi finalmente ha dimostrato al mondo di contare. Distruggere le Torri gemelle, infilzarle come polli, seminare angoscia e sgomento negli odiati Stati Uniti, fornire la prova che Golia può di nuovo essere ucciso da un Davide musulmano: un’impresa di cui gloriarsi, il primo atto di un riscatto che gli amici malvissuti di Bin Laden, però, non hanno ottenuto. Anche se l’America da quel dì non ha più cessato di soffrire e arrancare, quasi che non sia stata colpita da due aerei, ma da una maledizione.
Confesso.
Quando la domestica ebbe terminato la narrazione enfatica e perfino epica, l’avrei schiaffeggiata se non fossi dovuto correre al giornale dove tutti i redattori si erano già precipitati, benché nessuno li avesse convocati. Lavorammo fino a notte inoltrata, muti e storditi da notizie che mai avremmo pensato di scrivere e che speriamo di non scrivere più.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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