Sullultimo numero di MicroMega si dà ampio risalto al procedimento penale avviato dalla procura di Roma contro Sabina Guzzanti per vilipendio del Papa. Tutto parte, come si ricorderà, dal comizio di piazza Navona, durante il quale la comica annunciò la discesa di Ratzinger allinferno, e la sua sodomizzazione da parte di diavoli «frocioni» (quanto ci sia di comico, in questo, giudichi il lettore).
Naturalmente MicroMega prende le difese dellartista, organizzando una sezione della rivista in cui si mettono insieme il caso Guzzanti e «i rischi di fascismo». Viene esibito un autentico parterre de roi: il direttore Paolo Flores dArcais, la medesima Sabina Guzzanti, il matematico Piergiorgio Odifreddi, Moni Ovadia, Alessandro Portelli, Massimiliano Smeriglio, Marco Revelli e infine Antonio Di Pietro, il cui articolo sintitola «Olio di ricino». «Il reato di vilipendio è un residuo fossile del fascismo», scrive Flores dArcais, il quale aggiunge che il processo contro Sabina Guzzanti «renderà lItalia zimbello inevitabile di satira in tutto il mondo occidentale». «Tutto questo», scrive Flores, «fa schifo».
Personalmente spero che il processo a Sabina Guzzanti non si faccia, se non altro perché lattrice si è già condannata da sola facendo la figura non della professionista della satira, ma della dilettante che cerca di far ridere con linsulto a sfondo sessuale: roba da gara di puzzette e di rutti. E poi il Papa ha solo da perdere, da un processo contro chi lo insulta.
Ma, detto questo, e riconosciuto il diritto di MicroMega di difendere chi vuole, fa un po specie che una rivista che fa dellapplicazione delle leggi e dellesaltazione delle Procure la sua ragion dessere, faccia questi distinguo fra leggi e leggi, fra reati e reati, fra Procure e Procure. In particolare sorprende larticolo di Di Pietro. «A mio avviso», scrive lex pm, «lonore e il prestigio del Pontefice, al quale va il mio massimo rispetto, non sono calpestati dalla satira della Guzzanti che, proprio in quanto satira, va presa per quel che è». Singolare, perché a noi pareva di ricordare che Di Pietro ha fatto, negli ultimi quindici anni, qualche centinaio di cause a giornalisti che hanno osato criticarlo, o più semplicemente esprimere giudizi, pareri, battute su di lui. Si vede che Di Pietro è cambiato, non è più permaloso. Benissimo. Allora gli possiamo ripetere quel che Sabina Guzzanti disse del Papa: «Di Pietro tra ventanni sarà dove deve stare, cioè allinferno», tormentato magari non da diavoloni ma dai suoi ex imputati che gli chiedono la restituzione dei prestiti. Siamo sicuri che non ci querelerà. È solo satira, no?
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