Scienze e Tecnologia

Quando Google fa il prepotente

Sono sicuri i nostri dati affidati ai colossi del web? Davvero la gratuità dei servizi online è un valore aggiunto di internet o è un fattore di disparità nei rapporti fra utenti e società della Silicon Valley?

Quando Google fa il prepotente

Google, amorevolmente chiamato Big G dagli addetti ai lavori, mette a disposizione di tutti i suoi utenti una grande varietà di servizi gratuiti, pratici e semplici da utilizzare: Gmail per ricevere e inviare mail, Talk per chattare coi i propri contatti online, Picasa per caricare, modificare e condividere le proprie foto, Google Docs per la condivisione e l’elaborazione di documenti, Calendar per non perdere mai di vista la propria agenda personale, Reader per raccogliere i feed e gli aggiornamenti dei siti preferiti, Gruppi per creare gruppi di discussione e mailing list, Web Master Tools per migliorare le prestazioni e i posizionamenti dei siti, Analytics per monitorare un’infinità di dati riguardanti sito, comportamento degli utenti e tanto ancora…Fra i tanti, il servizio più utilizzato è sicuramente la posta elettronica: con pochi click si può creare un profilo Gmail, accessibile sempre e dovunque.
Per utilizzare i servizi di BigG è sufficiente creare un Google Account, basta un indirizzo mail, una password e una spunta ai Termini di Servizio.
Spesso e volentieri, un po’per comodità e un po’per esigenza, l’indirizzo Gmail, oltre ad essere la mail di riferimento di tutti gli altri servizi di Google, diventa l’ombelico della nostra vita online: iscrizioni a newsletter, contatti, account sui social network, punto di riferimento del nostro lavorio sul web. Indubbiamente, sfruttare la disponibilità di spazi online per gestire lavoro e svago è un vantaggio, ma, per assurdo, nel momento in cui organizziamo le nostre attività utilizzando la piattaforma di Google, perdiamo il controllo di ciò che condividiamo e archiviamo fiduciosi.
E’un po’come se affidassimo i nostri risparmi al salvadanaio di qualcun altro, che, volendo, lo può portare via a suo piacimento.
Parallelo eccessivo?
Eppure al punto 4. della pagina dedicata ai Termini di Servizio di Google il concetto è espresso nero su bianco:

Fornitura dei Servizi da parte di Google
4.3 In quanto parte di questa continua innovazione, lei riconosce e accetta che Google possa interrompere (permanentemente o temporaneamente) la fornitura dei Servizi (o di qualsiasi parte dei Servizi) a lei od agli utenti in generale ad esclusiva discrezione di Google, senza che lei venga avvertito anticipatamente. Lei può smettere di usare i Servizi in qualsiasi momento. Lei non ha bisogno di informare specificatamente Google quando termina di usare i Servizi.

4.4 Lei riconosce ed accetta che qualora Google disabiliti l’accesso al suo account, le può essere vietato l’accesso ai Servizi, ai suoi dettagli di account o qualsiasi file o altro contenuto che sia incluso nel suo account.

4.5 Lei riconosce e accetta che mentre Google può attualmente non aver stabilito un limite fisso massimo al numero di trasmissioni che lei può inviare o ricevere tramite i Servizi od all’ammontare di spazio di memoria usato per la fornitura di qualsiasi Servizio, tali limiti massimi possono essere stabiliti da Google in qualsiasi momento, ad esclusiva discrezione di Google.

Naturalmente, non è possibile sottrarsi ai Termini Universali di contratto per usufruire dei servizi Google, come dice il punto 2.

Accettazione dei Termini
2.1 Per usare i Servizi, lei deve innanzitutto accettare i Termini. Lei non può usare i Servizi se non accetta i Termini.

Ma, cosa succede se Big G improvvisamente disattiva il nostro account?
Per prima cosa, perdiamo il controllo di tutti i contatti e gli affari che si appoggiano sull’indirizzo Gmail. Tutte le mail inviate al nostro account tornano indietro con un laconico messaggio “Account sospeso” con il dubbio atroce di aver perso anni di comunicazione scritta e l’impossibilità di fornire un indirizzo alternativo a chi cerca di mettersi in contatto con noi. Seguono, poi, infinite limitazioni e barriere nell’usuale comportamento online: inaccessibili i documenti condivisi e archiviati in Google Docs, i pannelli di controllo di Google Analytics e Web Master Tool, strumenti fondamentali per chiunque gestisca un sito o un blog, nessun accesso all’advertising di Adwords, inevitabilmente perse le note inserite su Calendar, smarriti anche tutti i feed e i bookmark raccolti nel tempo e aggregati da Google Reader, impossibile recuperare le foto da Picasa…E tutto questo senza alcuna allerta, senza motivazioni esplicitate e senza poter comunicare con la società. Pare proprio che la politica aziendale sia fondata sull’assoluto silenzio, in fin dei conti, è tutto scritto sui termini di contratto, sospensione del servizio in qualsiasi momento e senza preavviso, permanentemente o temporaneamente.

Non sarà che ci stiamo affidando troppo a BigG?
Sappiamo tutti che la parola d’ordine è diversificare, ma come diversificare quando servizi eccellenti, divenuti ormai una consuetudine, vengono proposti da un solo fornitore?
Una vera e propria soluzione, praticabile dai più, non esiste, almeno fino a quando Google dominerà il mercato. Esistono sicuramente dei diversivi, piccole o grandi accortezze per garantirsi un paracadute in caso di disattivazione dell’account, ma per la maggior parte degli utenti non tecnici, non ci sono grosse alternative.
Di base, lo spazio online che ci viene messo a disposizione non ci appartiene, è forse ancora un po’difficile da capire, ma anche online esiste il concetto di proprietà privata. Anche i social network, ai quali affidiamo i nostri pensieri, i nostri contatti, le nostre connessioni interpersonali, appartengono a grandi gruppi societari, che possono arbitrariamente far sparire i nostri profili e tutte le nostre storie con un click.
Non si tratta di ingenuità degli utenti, ci troviamo, piuttosto, di fronte a esigenze professionali e tendenze sociali, che ci spingono verso la necessità di partecipare a questo grande gioco collettivo virtuale.
Quando l’esigenza e la soluzione nascono dalla stessa fonte, noi diventiamo più deboli e fragili, in balìa di regole penalizzanti.
La velocità con cui si evolve il mondo di internet, con novità quotidiane, ha lasciato al palo la capacità reattiva del campo giuridico. Il vuoto di leggi crea ampie zone grigie, non proprio trasparenti, nelle quali vige la legge del più forte, e noi piccoli non possiamo far altro che mangiare la carota.
Non sappiamo se questa condizione spingerà i naviganti a creare ognuno il proprio orticello sul web, nell’attesa, speriamo però, che i colossi del web siano posti in condizione di proporre servizi, anche a pagamento, ma con contratti meno vessatori e più equilibrati.
Per approfondire una storia vera:
L’account sospeso di Merlinox

Lisa Guerrini –www.

info-alberghi.com

Commenti