Quando i politici invadono il campo per spremere voti anche dal pallone

Alle poltrone preferiscono le panchine, al doppiopetto il doppio passo e passano con agilità dalle tribune elettorali alle tribune degli stadi. Sarà perché da piccoli sognavano Rivera e Boninsegna, o perché da che Italia è Italia il pallone è gonfio di voti, ma la tendenza è chiara: dall’assessore-allenatore al senatore-difensore, sono sempre più numerosi i politici che non vedono l’ora di invadere il campo del calcio.
Che lo sport pedestre muova governi, eserciti e masse lo dice la storia, dal mondiale del ’78 all’ombra del regime argentino, ai tagliagole serbi di Arkan reclutati tra gli ultrà della Stella Rossa di Belgrado. Ma solo in Italia pletore di consiglieri comunali e parlamentarucci si muovono ad ogni gol, fischio o rimessa laterale dalla Serie A ai campi dell’oratorio. Per esempio, a Parma accade che un bambino di sette anni venga lasciato in panchina in una partita del memorial «Tommaso Onofri». Pianti comprensibili del piccolo, comprensibile amarezza della madre e lettera accorata all’assessore Ghiretti. Il quale interviene per vietare «ogni selezione prima dei 14 anni». Di per sé una parola di buonsenso, ma allora in quest’ottica si attendono comunicati di assessori che vietano di fare il bagno dopo mangiato o che mettono fuori legge le infradito con lo smoking.
La realtà è che il calcio è argomento popolare e viscerale per antonomasia. Il calcio amplifica ogni azione e ogni parola e consente atti di piaggeria a tappeto, come insegnò Veltroni ex sindaco della Capitale: juventino, ma anche simpatizzante della Roma, ma anche della Lazio. A proposito di giallorossi, la vittoria del campionato Primavera contro il Varese ha dato la stura a una cascata di salamelecchi. Nell’ordine, si sono precipitati a fare complimenti e a promettere riconoscimenti: il presidente della Provincia Zingaretti, il sindaco Alemanno, la governatrice del Lazio Polverini (memorabile la sua campagna elettorale bipartisan tra la Curva Nord e Trigoria), l’assessore comunale Cappellano, l’assessore provinciale Prestipino e il presidente dell’assemblea comunale Pomarici. Manco Gesù ha avuto tanti Magi.
D’altronde la lista di interventi ufficiali a sostegno di squadre - e relativi interessi particolari - è sterminata. Basti elencare i parlamentari che sono corsi a difendere Totti e De Rossi da ogni citazione sul calcio scommesse, o contare i politici leghisti e democratici in piazza a Bergamo per salvare l’Atalanta. Tra questi anche l’assessore regionale Belotti, indagato con un sindaco lumbard per complicità con gli ultrà orobici negli scontri tra 2009 e 2010. La piazza è una sirena irresistibile, un po’ per passione sincera, un po’ per calcolo: dietro ogni tifoso si nasconde un potenziale elettore. Et voilà, il pallone è spremuto.
E allora così si spiegano i «Montecitorio fan club» dedicati alle varie squadre, che fioriscono con la frequenza dei papaveri in campagna. Così si spiegano le decine di interrogazioni parlamentari per ogni caso di calciomercato, ogni coro di sfottò, ogni rigore negato: si interrogano sui giornalisti padovani insultati allo stadio di Varese, sui topi morti trovati dai tifosi veronesi all’Adriatico di Pescara, su Lazio-Inter (quella del famoso «Oh nooo» laziale), sul caso Mutu-Tas, sulla «trasmissione degli Europei 2008 in HD da parte della Rai sul digitale terrestre». Ognuno ha il suo orticello, oppure la sua area. Di rigore, ovvio. Domenica il Novara torna in Serie A e allo stadio Cota e Bossi fanno la ola; qualche anno fa il Catania rischiava l’iscrizione al campionato e La Russa scense in campo; in primavera la Sampdoria rischiava la retrocessione e il sindaco Vincenzi pregò il Genoa di dare una mano.

Senza parlare di Calciopoli, che occupò le Camere più della riforma elettorale.
Perché quando si parla di calcio, l’unica legge per cui battersi è quella del «gol sbagliato, gol subito». E destra e sinistra - in fondo - servono soltanto a distinguere le fasce del campo.

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