Quando Milano aveva due derby

Potrei scrivere Beppe Viola e chiuderla qui. Del resto in Beppe ci sta tutto, ma proprio tutto di quegli anni settanta, non tutti favolosi, ci sta la vita milanese, ci sta il Derby, di cabaret e di football, ci sta il bar Gattullo e la brigata da Gaber Giorgio in giù, ci stanno le canzoni dell’Ornella in quanto Vanoni e la voce stramba dell’Enzo nel senso di Jannacci, ci stanno i Gufi che furono con le loro bombette e la tuta nera, fantasmi persi nel bosco e nello smog, ci sta Walter Valdi e il suo meneghinobrasilero, ad avvolgere la confezione provvedeva il nebbione.
Maledetta nostalgia che in certi articoli ti fa riaprire il diario e l’album di fotografie. E, insieme, ti scalda il cuore, come sapevano fare i comici e gli attori, i cantanti e gli artisti, le notti lunghe con l’aria che sapeva di barbera e di nazionali esportazioni con filtro.
Beppe Viola, di cui ci si ricorda nel giorno anniversario di morte, dunque era il Bignami di tutta questa roba qui, senza tralasciare San Siro, trotto e galoppo, un’altra fetta che si è imbastardita, dopo i clanda da bar sono arrivati i ceffi cattivi e maligni e anche le corse non sono più un teatro della commedia alla milanese. Per fortuna che c’è il Riccardo che da solo gioca al biliardo, diceva cantando Giorgio Gaber, ora ditemi chi passa la sera con stecca e birilli?
Musica e cabaret, roba grossa che ha lasciato traccia, testi, emozioni, il vintage di oggi a questo risale, ai Navigli si andava per pane, formaggio e salame prima che la nouvelle cuisine ingannasse con piatti sporchi di zuppa e ipotesi di prosciutto. Erano eskimi e quelli, nell’aria e sui muri, esistono e resistono, mentre al centro San Babila era la rive droite, rispetto alla Darsena tutta rossissima. Potrei andare a memoria ricordando il derby, in due sensi. Nei primi giorni del mio mestiere, mi incaricarono di fare un servizio sul fascino che poteva avere milaninter, il derby appunto. Presi il telefono e incominciai il giro, per prima la Lea Pericoli, mito di sempre: «Ah il derby, mi piace, mi diverto, riesco a mettere da parte i problemi di tutti i giorni anche se da un po’ di tempo non lo frequento più». Come? Frequento? Ma di che sta parlando la bellissima biondissima tennista con gonnellino bianco? Ma del Derby di Boncompagni, locale di trastullo, vedi Boldi, Teocoli, i Gatti, Abatantuono. Ma no! Io volevo dire il derby, quello del football, fine delle trasmissioni, risatina, colpo di tosse e altro giro.
Ecco, nei favolosi, non tutti, anni Settanta era possibile l’equivoco, il derby era sì uno, ma sempre in diurna, con l’area del ghiaccio ricoperta con la segatura, ma c’era un altro derby, notturno, per divertirsi e mettere da parte i problemi come mi aveva detto candidamente la Lea.

Milano giocava su più tavoli, in corso Sempione, sito della Rai Radio televisione, gli uffici sono rimasti quelli, uguali, non ci sono più gli interpreti, fatte rare eccezioni, Pizzul me lo tengo stretto avendo perso Beppe, il resto è fuffetta, finite le zingarate a scopa, scomparso il marchettificio di articoli e affini, anche davanti al bar Gattullo, a porta Lodovica ci sono troppi Suv e poche biciclette, anzi zero.

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