Luigi Amicone
Chi ha vissuto negli anni 70 ricorderà il clima politico rovente e intimidatorio che si respirava nellaria. Per cui, se ti permettevi di pensarla appena un po diversamente dalla sinistra estremista che governava gli ambienti pubblici (ed era coccolata e protetta dentro i palazzi dei partiti, delle istituzioni e dei giornali, pensate al Corriere della Sera di Piero Ottone), prima ti mettevano sotto con strepiti, urla e, alloccasione, con spranghe e chiavi inglesi. Poi spiegavano che sì, gli «incidenti» erano colpa dei «compagni che sbagliano». Allora, il fatto stesso di esistere e di voler esprimere unopinione politica diversa dai vari Capanna e Gad Lerner, era considerata «una provocazione fascista». Primavera 2006. Luciano Violante supporta gli squadristi di Genova? Chissà. Però intanto, a Radio radicale il capogruppo diessino dice che «ha fatto bene quel giovane che ha ricordato a Berlusconi che è lamico dei mafiosi». Mentre il cantautore Franco Battiato, che fino a qualche tempo fa conoscevamo solo per i suoi concerti nella Bagdad di Saddam Hussein e per la sua propaganda antiamericana, dice che «si è troppo civili con Berlusconi», che Della Valle è stato «troppo civile anche se a Ballarò gli ha tirato qualche bordata terrificante». LUnità (psichiatrica) spara ogni giorno metaforiche pallottole allindirizzo del presidente del Consiglio. Il Corriere della Sera non sa più che pesci pigliare per sostenere lUnione e nascondere lincredibile emergenza democratica imposta dai mazzieri dei centri sociali e sottoscritta perfino da Sergio Cofferati. Il quale, da sindaco di Bologna, vietando i comizi che non sono politicamente corretti, viola apertamente la Costituzione e crea lenorme precedente di una città guidata nello stile dei prefetti di Mussolini. Cè poco da scherzare, lemergenza democratica cè tutta e si vede in tutte le piazze italiane.
Gli italiani devono essere molto preoccupati per questa deriva liberticida. Deriva per cui, se ieri non eri Piero Ottone non potevi dirigere il Corriere della Sera, se oggi non sei Paolo Mieli e sei un qualsiasi giornalista Rai che taglia una frase al presidente di Confindustria, viene giù il mondo e ovunque riecheggiano grida manzoniane sulla «censura in Rai». Però, se tutta una rete Rai, quella di Rai News 24 (e Rai 3 dove la mettiamo?), si esercitano quotidianamente nellindegna gazzarra antibelusconiana, antiamericana e filosaddamita confezionando falsi scoop sul fosforo bianco e su Abu Ghraib, nessuno dice niente. «Battere Berlusconi con qualsiasi mezzo». Questa è lunica parola dordine e lunico contenuto «ideale» di quella corte dei miracoli che è lUnione.
Piccola postilla. È ben strano che in questa corte si trovino le insegne del Partito radicale, la cui identità e funzione sembrano oggi ridotti a truppa di complemento del più greve anticlericalismo allattacco (indiscriminato) della chiesa cattolica. Proprio ai radicali, nellultimo intervento della sua vita, Pier Paolo Pasolini disse di stare alla larga da quella parte «degli intellettuali socialisti, degli intellettuali comunisti, degli intellettuali cattolici di sinistra, degli intellettuali generici, sic et simpliciter: in quella massa di intellettuali (...) la vostra passione irregolare per la libertà, si è codificata, ha acquistato la certezza del conformismo». E, proseguiva Pasolini, «la massa degli intellettuali che ha mutuato da voi (radicali, ndr) attraverso una marxizzazione pragmatica di estremisti, la lotta per i diritti civili, rendendola così nel propiro codice progressista, o conformismo di sinistra, altro non fa che il gioco del potere: tanto più un intellettuale progressista è fanaticamente convinto della bontà del proprio contributo alla realizzazione dei diritti civili, tanto più, in sostanza, egli accetta la funzione socialdemocratica che il potere gli impone abrogando, attraverso la realizzazione falsificata e totalizzante dei diritti civili, ogni reale alterità. Dunque tale potere si accinge di fatto ad assumere gli intellettuali progressisti come propri chierici.
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