Paolo Bracalini
da Milano
«Completamento degli studi entro lanno, avvio dei lavori nel 89 e completa agibilità del Ponte entro il 1996». Così, in una audizione alle commissioni Trasporti e Lavori pubblici del Parlamento, lallora presidente dellIri Romano Prodi chiedeva lapprovazione urgente di un decreto legge per realizzare il Ponte tra Sicilia e Calabria e recuperare così «una cultura delle grandi opere pubbliche che si è persa negli ultimi anni». Nel 1985, governo Craxi, Romano Prodi è il grande sponsor del progetto. Altri tempi, altre preoccupazioni. Non quelle ambientaliste, che oggi nel programma dellUnione hanno impegnato il Professore a «sospendere liter procedurale in atto», ma gli interessi più concreti dellIri, proprietaria del 51 per cento della Società Stretto di Messina, a capitale pubblico (Ferrovie, Anas, regioni Sicilia e Calabria), costituita nel 1971 con un fine: il Ponte. LIri partecipa alla società direttamente con il 3%, e attraverso Italstat e Finsider con un rispettivo 24%. Cè un dettaglio. La Finsider produce acciaio, materiale piuttosto utile se si deve costruire un ponte lungo 3 chilometri, di strada e ferrovia.
Ed è lo stesso presidente dellIri Prodi, infaticabile ambasciatore presso i palazzi della politica della grande opera «meridionalista», a spiegarlo in unintervista a Panorama del settembre 85 - lo ricorda Donatella Marino sul numero in edicola oggi dello stesso settimanale -. «La posa della prima pietra avverrà al più presto. Non sarà certo lIri a porre ostacoli a unopera definita allunanimità dal nostro Parlamento di prevalente interesse nazionale. Qualunque sia la tipologia scelta, ponte o tunnel sottomarino, dovrà fare uso abbondante di acciaio e quindi Finsider avrà un ruolo importante». Ponte o tunnel sottomarino, Prodi è flessibile, purché si faccia. Perché i vantaggi di un collegamento sono evidenti: «La Sicilia è fortemente ostacolata da questa barriera naturale - spiega Prodi -. Con un collegamento stabile i costi di trasporto calerebbero del 13 per cento, senza parlare della maggiore rapidità degli spostamenti. Anche per leconomia calabrese i vantaggi sarebbero naturalmente molti e importantissimi». A sostegno della sua tesi Prodi porta valanga di cifre: «Il risparmio di tempo per un automobilista è di 40 minuti, 35 per autocarro e 92 per il treno. Nel 2015 transiteranno sul Ponte 12 milioni e 621mila autovetture e 295mila carrozze ferroviarie».
Un mese prima, intervistato dal Tg1, il capo dellIri aveva espresso le stesse idee. Parlando «da economista» su disoccupazione e competitività, Prodi descrive il Ponte sullo Stretto, insieme al potenziamento della rete autostradale e delle telecomunicazioni, come «una grande opera di interesse collettivo, indispensabile perché il nostro sistema economico possa concorrere con le altre nazioni».
E ancora nel 1987 Prodi, sempre alla guida della holding di Stato, si spende per la realizzazione del Ponte, grazie al quale «lItalia si accorcerebbe di 240 chilometri». Convinzione che mantiene anche da candidato premier dellUlivo nel marzo 1996, mettendolo anzi tra le priorità dei primi 100 giorni di governo. In unintervista a Panorama del marzo 96, in piena campagna elettorale, Prodi dipinge lItalia dellUlivo: un grande cantiere, in particolare per il Sud. Il Ponte? «Certo, il Ponte. O se fosse più sicuro, un tunnel sottomarino».
Daccordo con il Professore, nel 96, cè Massimo DAlema e poi, dopo la vittoria alle elezioni, il ministro dei Lavori pubblici Antonio Di Pietro. Scherzi della memoria.
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