Quando Santo, l’allievo, imparò l’amore sui cuscini di vico Spada

Quando Santo, l’allievo, imparò l’amore sui cuscini di vico Spada

Come al solito il tutto era cominciato come per scherzo. Dopo cena in saletta rimanevano pochi ufficiali: quelli più liberi a quell’ora come il Marconista e i Primi di Coperta e Macchina.
I discorsi diventavano più seri anche per il piccolo numero di presenti, fra i quali, quella sera, l’Allievo di macchina un tal Santo, preciso, ordinato, grassoccio, con una incipiente calvizie e schivo ed educato quasi sempre silenzioso, ma non in disparte.
Come al solito si parlava di donne e il non più giovane «Marconi» attaccò con disprezzo l'argomento prostitute. «Sono le nostre sorelline», disse il Primo Ufficiale di macchina, ancor giovane, ma già navigato «disponibili ed educate ci aspettano e ci permettono, nelle poche ore che abbiamo a nostra disposizione, di essere uomini e di ripartire più leggeri e con il sorriso sulle labbra».
«Ma no sono degradate, sono volontariamente scese in basso e si prestano a ogni sopruso rendendo sporco, mercantile e banale un atto sublime».
Inaspettatamente intervenne Santo l'Allievo: «Sarei bene attento generalizzare, certe volte possono essere una via di scampo, una soluzione. Non tutti gli uomini sono belli e aitanti, disinvolti, sicuri e disinibiti tanto da poter entrare facilmente in sintonia con graziose ragazze gentili e per bene senza problemi di esistenza e di sopravvivenza, eleganti nei loro vestiti che costano molto e che qualcuno avrà di certo ben pagato. Loro invece possono essere state povere, escluse, ogni giorno di fronte alle difficoltà della vita, magari sempre desiderose di poter acquisire qualche cosa, quasi sempre troppo in alto. E quante di loro sono state iniziate con malizia e cattiveria proprio da coloro che invece appaiono ai nostri occhi come al di sopra dei sospetti, sicuri e tutti rivolti solo alla gente cosiddetta per bene»?
Un discorso così lungo il Santo non lo aveva fatto mai e ciò incuriosì parecchio il Primo di coperta che fra sé si promise di sondare a fondo l'Allievo.
Ne risultò così la figura di un giovane oppresso da un senso di colpa, una depressione continua legata alla sua apparenza grassoccia e sgraziata, peggiorata ancora dal desiderio, dalla necessità di sembrare disinvolto.
«Non sono mai riuscito ad essere preso sul serio da una ragazza. Andava bene, mi rivolgevano qualche sorriso a scuola soltanto quando ricevevano il difficile compito in classe di matematica, ma subito dopo quasi una fuga, nessuna volontà di vedere e diventare amici e capirsi, come se la figura fisica, non poi eccessivamente ributtante, fosse una barriera invalicabile da non tentare mai di superare».
L'entrata in una casa di tolleranza ne fu la conseguenza naturale e per fortuna Sonia, la prima bionda giovane signora, fu perspicace e intelligente: lo accolse come un vecchio amico; cominciò a parlare e dargli importanza, lo rese edotto di avere delle qualità e capacità e fu istruito a dovere.
Ritornò a casa sconvolto come se avesse trovato un nuovo prato pieno di fiori mai prima pensato e, guardandosi allo specchio, si convinse che poi, poi, poteva anche essere piaciuto.
«Ma hai dovuto comperare con soldi un atto che dovrebbe essere spontaneo, sublime e ammantato d'amore».
«Ma se io di amore non ne ho mai intravisto una goccia, non sarà più preziosa l'attenzione di una donnaccia che la trascuratezza e la indifferenza di una ragazza per bene?»
La Sonia esercitava il suo lavoro in vico Spada una traversa di via Luccoli a sinistra salendo.
Era il «primo» perché in effetti ce n'erano due.
All'esterno erano tutti eguali, un portone sempre aperto e un andito con piastrelle di vario colore, ma preferibilmente bianco, con in alto un bordino quasi sempre verde. Poi una robusta porta di legno con una finestratura attraverso la quale si intravedeva il viso della portinaia, quasi sempre una ex che, nella professione, non aveva pensato alla vecchiaia.
Era un cerbero severo, ma quasi sempre passava sopra alla data di nascita contraffatta sulla carta d'identità del minore desideroso e curioso. Sulla sua testa un cartello della Questura: «Vietato l'ingresso ai minori - depositare armi, ombrelli e bastoni».
Qualche decina di scalini e quindi si entrava nella sala d'attesa, arredata da divani di legno coperti da cuscini. Dietro una consolle con la scritta «Cassa», sistemata in zona centrale in posizione levata in modo da dominare la sala, la Madama, di orma un donnone modestamente vestita con colori rosso vivaci, era l'attenta padrona della situazione.
Suo compito era quello di tenere l'ordine e di invogliare, con frasi quasi sempre in dialetto bolognese o milanese, i clienti a consumare e non perdere tempo in prolungate «flanelle».
Divulgava anche le virtù, le provenienze e le capacità delle signorine che vestite in modo provocante e procace passeggiavano voluttuosamente sotto un cartello su cui era scritto: «Ordine e rispetto - chi disturba sarà espulso».
Sullo scranno un telefono collegato con l'esterno e con tutte le camere; serviva a meraviglia per raccogliere le comunicazioni che avevano concordato la «doppia» la «Mezzora» e molto di rado l'«Ora», prestazioni che dovevano venire regolate nelle mani della Madama all'uscita e che davano diritto alle signorine di ricevere le famose «Marchette».
La Sonia che era anche una donna pia (infatti prima dell'atto immancabilmente si faceva il segno della croce, ma in realtà non vuol dire perché anche il super pagato centrattacco si segna prima di calciare il rigore), aveva capito subito la situazione del giovane Santo aveva cercato di dargli conforto e nello stesso tempo di istruirlo a dovere.
Gli aveva suggerito di ritornare al mattino quando lei non era di servizio in modo da poter stare un po' più di tempo assieme e gli aveva raccontato la sua storia che era poi quelle di tante; il suo primo furioso amore con un uomo creduto per bene, simpatico e pieno di soldi per scoprire poi, insieme al fatto di essere rimasta incinta, che lui era sposatissimo e con nessunissima intenzione di aiutarla in alcun modo.
Testarda e malgrado tutto ancora innamorata aveva creduto di poter tirare avanti, lei a la bambina. Da sola, senza l'aiuto di nessuno, ma non c'era riuscita ed era capitata lì in vico Spada, ben vista e rispettata da tutti. Invitò un giorno Santo ad accompagnarla alla visita della bambina al collegio di Serravalle e, anzi, lo presentò alla Madre Superiora come suo marito e padre della bambina.
Santo stette al gioco e ritornò più volte a far visita al collegio ricevendo l'entusiastica riconoscenza di Sonia che però, purtroppo, in seguito si trovò coinvolta in situazione difficile. Fu costretta a sparire.
Molto tempo dopo sono venuto a sapere che Santo, il grassoccio, ma d'indole buona, aveva continuato a proteggere la bambina pagando la retta fino a quando, per sua fortuna, fu adottata da una anziana coppia che se ne prese cura.
Questo ricordo fa molto pensare e forse a non credere che tutto quanto fosse poi così negativo e degradato. Il lato sanitario, per esempio, la pulizia e l'igiene e anche le ore di spensieratezza passate in quell'esercizio quando arrivavano tipi fantasiosi, desiderosi di ridere e di far ridere e di passare qualche ora piacevole sempre con sottovento la possibilità di consumare il letizia.
L'alternativa attuale invece è quella di una sveltina di «strangusciun» con una sconosciuta appena intravista nel buio di una strada, assumendo posizioni assurde e ridicole dietro a una macchina, a volte minuscola, con il terrore di essere sorpreso dalla polizia o da chissà chi.
A tutto merito di quelle case ospitali inoltre credo sia da attribuire l'uso generalizzato anche nelle nostre case private e per bene di quel sanitario senza dubbio molto utile funzionale che risponde al nome di bidet. Sono persuaso che moltissimi nostri giovani abbiano conosciuto ed apprezzato questo strumento solo dopo aver frequentato quelle ospitali ed istruttive case, rendendosi conto della praticità e dell'aumento di pulizia ed igiene.
Dimostrazione lampante la mancanza ancora oggi, nei pur di lusso e preziosi alberghi anglosassoni che non hanno mai beneficiato dei nostri sullodati esercizi, di tale utile invenzione. Il Santo, perduta la compagnia della Sonia, fu obbligato a girare nella città vecchia pervenendo così ad una conoscenza totale e, credo nel suo genere, unica: conosceva non soltanto la ubicazione, ma la categoria, la quantità e la qualità delle ragazze, le specialità individuali, il prezzo e la più o meno bontà delle Madame.
Il solito diavoletto maligno e pazzerellone suggerì una operazione che in un primo momento sembrò addirittura sublime: a bordo avevamo una carta nautica dal titolo. «Approcci al Porto di Genova», mai usata da nessuno in quanto sia il Capitano che tutti gli Ufficiali conoscevano benissimo le rotte e le regole per entrare nel porto.
Seduta stante sulla carta che riportava anche la città con le maggiori strade e vicoli apparve in pochissimi giorni una Mappa gigante che riportava le case ospitali di Genova ognuna con le sue specialità, un'artistica «Legenda» realizzava con tanto di segnali particolari di diverso colore, il nome dell'esercizio con indirizzo e utili indicazioni varie. Un vero e proprio Baedeker del piacere, completo ed aggiornato.
Nella nebbia del tempo ricordo ancora la preziosa mappa con tutti i suoi indirizzi come per esempio il famose «Suprema», il Paramount delle case di Genova, che nella Legenda aveva il posto d'onore con un cerchietto distintivo rosso.
Situato in vico Cebà, nei pressi di Galleria Mazzini, aveva, unico in tutta Genova, un guardiano maschio un gigante africano chiamato il Moro. Era la «Casa» più costosa, ma anche la più lussuosa con i suoi salottini Liberty, con la statua di venere in marmo nero al centro del salone e con le conturbanti camere lussuose, quasi dannunziane, ma specialmente con le superbe ragazze che sembravano uscite da poco dalle pagine dell'album «Grandi Firme» di Boccasile; ragazze il cui possesso, sia puramente occasionale e per brevi momenti a volte, addirittura virtuale, poteva procacciare ricordi piacevoli, duraturi e paradisiaci per lunghi lustri a venire.
A un livello inferiore, specie nell'arredamento dei locali e che sicuramente metteva meno soggezione ai frequentatori, era il «Castagna», nell'omonimo vicolo, una traversa di via Porta Soprana nota anche come «Marron Street», contrassegnato con un cerchietto verde nella legenda.
L'eccellenza dell'esercizio era dovuto alla Madama che si faceva chiamare Mary ed era un personaggio veramente notevole e che ci sapeva fare con le pubbliche relazioni: gentile con i clienti, trattati tutti come distinti compratori di merci e co n le signorine considerate come delle valide e graziose collaboratrici.
Molto alla mano cercava di instaurare amicizie con le persone che dimostravano una certa levatura ed educazione, arrivando fino ad invitare a pranzo i clienti più simpatici e rappresentativi. Questo produceva un affiatamento notevole e anche la nascita di amori folli, anche perché improbabili, tra signorine e studenti, ma che servivano a valorizzare l'ambiente anche perché difficilmente riuscivano ad essere mantenuti nascosti. Si verificarono anche dei matrimoni, nella maggior parte dei casi riuscitissimi, come pure diverse tesi di laurea furono preparate in simbiosi con le signorine negli accoglienti salottini.
Altro esercizio dello stesso livello era il Vico della Lepre, nei prezzi di via Maddalena. Era sistemato in un palazzo signorile di ascendenza nobiliare con artistico portale dagli stipiti d'ardesia scolpita e uno stemma prudentemente cancellato, nel salone un grande esotico acquario con i pesci rossi e un ascensore che portava alle sovrastanti camere, alcune delle quali corredate da ampi specchi posti nel soffitto con lo scopo di moltiplicare le sensazioni.
Nelle vicinanze il «Pomino». Cerchietto giallo, a cui si accedeva da un archivolto e sul portone d'ingresso uno stemma gentilizio con draghi rampanti e fronde d'alloro.
Una considerazione a parte meritava il «Mary Noire», cerchietto viola, esercizio posto in un normale appartamento di via San Luca al terzo piano, frequentato da persone per bene come broker, armatori e Utenti della vicina Borsa Merci di piazza Banchi.
L'insieme del nome inglese e dell'aggettivo francese faceva un poco pensare, ma certamente più di un noleggio importante di nave è stato firmato negli aristocratici salottini con conseguente e soddisfatta parentesi di relax.
Nella mappa ricordo pure, cerchiati da un delicato celestino gli esercizi di vico La vezzi, una traversa di via Giustiniani in numero di quattro, uno vicino all'altro; uno era conosciuto come «Sottomarino» perché si dovevano scendere alcuni scalini e un secondo come «Dirigibile» perché gli scalini bisognava salirli. Erano considerati un po' plebei, ma molto convenienti.
Indicati con un quadratino nero erano quelli di vico Fregoso e vico Untoria, traverse di via Lomellini, erano i più degradati e i più a buon prezzo della piazza, erano un po' messi in disparte, ma svolgevano adeguatamente il loro compito.
Una casa particolare era quella di vico Ragazzi, nei pressi di piazza Invrea, dove imperava la Sciura Angiolina.
La casa aveva una particolare tolleranza fra le tolleranze, infatti era propensa a permettere l'entrata dei minori di diciott'anni, in qualche modo considerati grandi, dalla portinaia e inoltre la Sciura tollerava anche le prolungate «flanelle» senza infierire sui, per mancanza di fondi, indecisi clienti.
Non ricordo se sulla mappa fossero riportati vicoli dal nome molto impegnativo come Basadonne, Del Pelo, Coggagna, dell'Amore e dell'Amor Perfetto, Parpagliola, Mattatore, del Fico, della Coscia, Carabraghe o Squarciafico, o Mura delle Chiappe comunque nomi molto significativi e senza alcun dubbio degni di ospitare luoghi dedicati all'amore.
La mappa era a disposizione di tutto l'equipaggio che in verità prese a cuore la cosa, tanto che durante le permanenze a Genova diverse squadre andavano a visitare «de visu» l'esattezza della carta e delle case e riportavano aggiunte e correzioni.
Purtroppo, come sempre succede, capitò l'inghippo che mise fine alla lodevole impresa.
Arrivati nottetempo a Genova il Comandante ancorò in vicinanza dell'entrata del porto per essere il primo ad entrare la mattina successiva, e così fu.
Senonché il Capitano d'Aramento, figura importante della Compagnia di Navigazione da cui dipendeva la funzionalità e la disciplina degli equipaggi e che, purtroppo, abitava in circonvallazione a mare proprio di fronte all'entrata del porto, venne a bordo e accusò il Comandante di aver gettato l'ancora in una zona proibita all'ancoraggio per la presenza del cavo telegrafico sottomarino che collega la Corsica. Il Comandante dichiarò di essere sicuro che la nave aveva dato fondo al di fuori della zona proibita e, dai e ridai, l'Allievo fu mandato in sala nautica a prendere la carta del porto.
L'Allievo a bordo da appena un viaggio in preda a comprensibile emozione portò quella che per lui era la carta più indicata e conosciuta della nave e così la preziosa e particolareggiata mappa capitò sotto gli occhi del burbero capitano d'Armamento che, esaminata con cura e con qualche stupita meraviglia, procurò una solenne arronzata al Comandante, anche lui del tutto all'oscuro del capolavoro.
«Le carte nautiche sono documenti ufficiali e come tali non devono servire per volgari sollazzi. Mi meraviglio che a bordo delle nostre navi si possa perdere tempo per simili scempiaggini».


Noi tutti con la coda tra le gambe, non riuscimmo a controbattere una parola, fummo obbligati a compare a nostre spese una nuova carta perché il nostro capolavoro, sequestrato dal Capitano d'Armamento, venne portato via e però nessuno mi leva dalla testa che alcune delle indicazioni e relativi preziosi indirizzi siano stati utilizzati in qualche maniera dai sin troppo severi sequestratori del nostro capolavoro.

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