Ma si può celebrar messa in memoria di una suicida, restituendo la violenza che lei fece alla vita con la violenza santa di ricondurla a Cristo? Parlo della messa che oggi il Cardinal Ravasi celebrerà a Pasturo per la poetessa Antonia Pozzi, suicida a 26 anni nel 1938. Di Antonia sono innamorato postumo. È tra le spose invisibili di una feconda poligamia spirituale: Cristina, Simone, Marìa, Marina, Marguerite, Emily, Hannah, Hetty... Antonia era in odore di filosofia, delusa d'amore e colma di poesia: una miscela fatale. Bella, ricca, colta, di vivo ingegno, non aveva motivi apparenti per togliersi la vita così giovane su un prato di Chiaravalle. Ma la vita le cresceva dolorosa e superflua, insieme alla tentazione dell'invisibile.
Era sospesa tra il vuoto dell'umano e la pienezza del divino. Restò un canzoniere a provare che è passata di qui, sulla terra, intrattenendosi appena a conversare di poesia sulla via del ritorno. Del Cardinal Ravasi ho sincera ammirazione per la sua cultura e la sua umanità. Ma chiedo: si può ammettere in chiesa una poetessa suicida per tormento spirituale e non chi si uccide per crisi economica e disperazione di vita?
No, cristianamente non si può distinguere, meglio condannare l'atto e salvare l'autore in ambo i casi.
Poi mi chiedo: quante persone tentate di suicidarsi non lo hanno fatto per un residuo timor di Dio e di dannazione? Che messaggio si manda in tal modo? Sono domande, non sono risposte. «Parole prigioniere che battono battono furiosamente alle porte dell'anima », suggerisce Antonia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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