Quando le SS cantavano «Parlez-moi d’amour»

Pubblichiamo in anteprima stralci del libro di Arrigo Petacco sugli anni ’39-40 del conflitto: tutti gli eventi che prepararono lo scontro finale

Quando le SS cantavano «Parlez-moi d’amour»

L’uomo che fece scoppiare la seconda guerra mondiale si chiamava Alfred Helmut Naujocks, aveva ventisette anni ed era uno studente fuori corso di filosofia arruolatosi volontario nelle Ss con il grado di Untersturmführer, sottotenente. Fanatico nazista, coraggioso e spericolato, era stato scelto personalmente da Heinrich Himmler, il comandante delle Ss, affinché provvedesse a organizzare un «incidente» sulla frontiera polacca capace di fornire al comando della Wehrmacht la scusa ufficiale per giustificare di fronte all’opinione pubblica la realizzazione del Fall Weiss, il «caso bianco», ossia il piano per l’intervento armato in Polonia. «Questo piano» aveva ordinato il Führer a Himmler «deve essere pronto a scattare in qualsiasi momento dall’alba del 1º settembre 1939 in poi».
I venti di guerra soffiavano già da tempo in Europa, ma si erano intensificati dopo l’annuncio del clamoroso patto di amicizia fra Hitler e Stalin, siglato a Mosca il 23 agosto 1939 dai rispettivi ministri degli Esteri, Joachim von Ribbentrop e Vjaceslav Molotov. Questo accordo, che nei suoi protocolli segreti prevedeva appunto la spartizione della Polonia fra il Terzo Reich e l’Unione Sovietica, consentiva a Hitler di realizzare il suo progetto aggressivo senza correre il rischio di provocare una guerra europea. D’altra parte, se si considera che, già prima della firma del patto, Francia e Inghilterra erano rimaste a guardare mentre i tedeschi si impadronivano dell’Austria e poi della Cecoslovacchia, era impensabile che osassero intervenire adesso che era loro venuto a mancare anche l’appoggio sovietico. Per questo Hitler era certo che, di fronte al fatto compiuto, gli occidentali si sarebbero limitati anche questa volta a manifestare soltanto a parole la loro sterile disapprovazione. \
I francesi la chiameranno drôle de guerre (guerra strana), gli inglesi Twilight war (guerra vaga), gli americani Phoney war (guerra finta), i tedeschi Sitzkrieg (guerra seduta) e gli italiani guerra dei coriandoli, perché non piovevano bombe ma soltanto innocui volantini.
Qualunque sia l’aggettivo prescelto, quella prima tranche della seconda guerra mondiale combattuta, si fa per dire, sul fronte franco-tedesco nell’autunno del 1939 non fu una vera guerra, bensì una pausa armata tacitamente concordata da ambo le parti nella speranza che Mussolini, mai così atteso come in quei giorni, venisse a cavare il ragno dal buco. Solo sul mare si continuava a combattere: gli U-Boot, i sommergibili tedeschi, e le «corazzate tascabili» inventate da Hitler compirono infatti clamorose scorrerie, ma fra la Linea Maginot e la Linea Sigfrido regnava la calma assoluta. \
In Gran Bretagna solo da pochi mesi era stata imposta a fatica la coscrizione obbligatoria, ma l’opposizione laburista aveva ottenuto che fossero esonerati dalla chiamata alle armi i coniugati, gli orfani e tutti coloro che esercitavano lavori «di pubblica utilità», un settore che comprendeva persino gli addetti a togliere i bruchi dalle siepi dei giardini pubblici. \ Anche l’opinione pubblica britannica era contraria alla guerra e il premier Neville Chamberlain, il sostenitore dell’appeasement (politica adottata negli anni Trenta che prevedeva una pacificazione con Hitler anche al prezzo di gravi concessioni), non aveva ancora rinunciato del tutto a questa linea. Come i sindacati, anche l’opposizione laburista reclamava il disimpegno. Per non dire poi che negli ambienti sociali più elevati Hitler non era affatto considerato il diavolo: il vero diavolo era Stalin e l’Unione Sovietica il nemico numero uno. \
Nel campo militare, i generali britannici avevano anch’essi ripudiato, come i tedeschi, la guerra di logoramento, ma si erano preparati alla guerra di movimento con metodi sorpassati. Nel regolamento erano ancora previsti, per esempio, l’impiego della cavalleria e la tattica della carica. Anche se alcuni innovatori, benché osteggiati dai massimi esponenti militari, erano riusciti a costituire una brigata corazzata, all’inizio del conflitto l’esercito britannico disponeva di pochi carri senza idee chiare sul loro impiego.
In Francia la situazione era ancora più critica. Un governo debolissimo era contestato dalla forte opposizione, mentre i comunisti - che dopo il patto Hitler-Stalin del 23 agosto 1939 erano stati messi fuori legge - incoraggiavano i militari a disertare quella guerra «fra capitalisti» portando come esempio l’Unione Sovietica che aveva concluso una pace fraterna con il Terzo Reich. \ Poiché tutti gli operai, senza distinzione, erano stati chiamati alle armi, le fabbriche belliche mancavano ora di mano d’opera qualificata. Ma quando il governo decise di smobilitare gli operai specializzati, i deputati dei dipartimenti agricoli insorsero chiedendo l’esonero anche per i contadini perché era la stagione delle semine. \
L’esercito francese era potente solo secondo i criteri del 1918 ed era guidato da vecchi generali sclerotici ancora accecati dalle vittorie di vent’anni prima. Il comandante supremo, Gamelin, disprezzava l’«inutile» aeronautica e non voleva neppure sentir parlare di un nuovo modo di impiegare i carri armati proposto dall’allora colonnello Charles De Gaulle. \
Così, mentre a Londra e a Parigi, dopo i primi giorni di paura provocati dai falsi allarmi aerei, la vita aveva ripreso il suo corso normale, i locali pubblici erano stati riaperti e i campionati di calcio neppure interrotti, 2 milioni di soldati francesi, 150mila inglesi e 300mila tedeschi, si godevano gli ozi di Capua nella terra di nessuno fra la Sigfrido e la Maginot. Era davvero una strana guerra. Sulla riva sinistra del Reno, a cinquecento metri dai cannoni francesi, le vedette controllavano il passaggio dei treni tedeschi, contavano i vagoni, trasmettevano le informazioni, ma niente di più. Sull’altra riva, i soldati tedeschi lavoravano allo scoperto, tranquilli e disarmati... La noia mortale era raramente interrotta dall’apparire di qualche ricognitore Fieseler-Storch che volteggiava sopra le linee francesi. Ma era inutile correre nei rifugi: piovevano soltanto volantini di propaganda. Il testo di questi manifestini era a volte pacifista («Soldati francesi, non sparate! Se non lo farete, neanche noi lo faremo!»), a volte ironico («Francesi! Gli inglesi si batteranno fino all’ultimo... francese!»). \
Continuando la lunga «vacanza» da ambo le parti, per distrarre le truppe annoiate, furono organizzati spettacoli di ogni genere.

Marika Rock, diva tedesca del cinema, intrattenne i soldati connazionali con le sue belle canzoni, mentre dalla parte francese furono mobilitate le più celebri vedette del momento, da Maurice Chevalier a Joséphine Baker. La celebre canzone Parlez-moi d’amour, cavallo di battaglia di Chevalier, fu imparata anche dai soldati tedeschi e si diffuse rapidamente, in Germania. \

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