Quando le toghe rosse dissero: "Basta coi drogati, occupiamoci dei politici"

Basta occuparsi di microcriminalità, bisogna puntare ai colletti bianchi. C’è un documento datato 12 marzo 1988 che, riletto oggi, fa riflettere. E' una raccolta di scritti della sezione milanese di allora di Magistratura democratica

Quando le toghe rosse dissero: "Basta coi drogati, occupiamoci dei politici"

Basta occuparsi di microcriminalità, bisogna puntare ai colletti bianchi. C’è un documento datato 12 marzo 1988 che, riletto oggi, fa riflettere. È una raccolta di scritti della sezione milanese di allora di Magistratura democratica, edito da Etm (Edizioni e servizi editoriali) di cui il Giornale è entrato in possesso. Siamo in piena era pre-Tangentopoli: a Renate, nella villa di Gherardo Colombo, lo stato maggiore dell’Md meneghina discute della riforma dell’ordinamento giudiziario (che vedrà la luce il 24 ottobre 1989) e soprattutto del nuovo ruolo del pubblico ministero. Ci sono tutti: i magistrati che in un paio d’anni daranno vita al pool di Mani pulite, giudici e pretori. E c’è perfino Nicoletta Gandus, che da presidente della prima sezione penale del tribunale di Milano giudicò (nonostante una richiesta di ricusazione) il premier Silvio Berlusconi sul cosiddetto «caso Mills». L’articolo più interessante è quello di Riccardo Targhetti, allora sostituto presso la Procura di Milano, che teorizza la nascita del «pm dinamico». Non più un magistrato «statico», che sta lì ad aspettare la notitia criminis e che si occupa di «micro-criminalità da strada, malavita urbana» e violazioni di legge a opera di «settori marginali e subalterni della collettività». Insomma, basta con il pm che si occupa di sfigati e della «devianza marginale», con buona pace dell’obbligatorietà dell’azione penale («è ora di chiedersi se non sia più opportuno scegliere... di non esercitare l’azione penale», si chiede Targetti). Ci vuole un pm «dinamico», che si dedichi anima e corpo alla «contrapposizione con altri poteri, palesi e occulti, dello Stato e della società», che si metta a studiare perché di fronte alle «vivaci manifestazioni di devianza dei “colletti bianchi”» bisogna «ripassare e approfondire nozioni e istituti giuridici del diritto civile e commerciale», bisogna scoprire cosa succede «in borsa e sul mercato finanziario», bisogna creare dei «gruppi specializzati che si dedichino a tempo pieno a tutti quei reati contro la Pubblica amministrazione» che finora erano confinati nei ritagli di tempo lasciati dalle inchieste su «terrorismo, droga e sequestri» e tralasciando «l’ingombrante fardello dell’ordinaria quotidianità». Non importa che si debba intervenire «anche se i fatti sono collocati a notevole distanza di tempo dall’accertamento».

Più che una dichiarazione d’intenti sembra una dichiarazione di guerra alle stanze del Palazzo. E poco importa se qualcuno parlerà di «intollerabili crociate di moralizzazione della vita pubblica». Quello che sta succedendo era già previsto...

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