L o sanno bene Moratti e Mancini. Lo sostengono convinti i critici meno feroci in circolazione e i tifosi della Beneamata estasiati dalla striscia di record, appena turbati dalle prime imprese balistiche di Ronaldo: nella Champions league che torna da domani sera si parrà la nobilitate dellInter. Lo scudetto è un brivido chiuso nel bozzolo di un torneo senza storie. Solo la coppa dei Campioni può riaccendere entusiasmi sopiti, misurare il valore dellarmata allestita nellestate di calciopoli. E non tanto perché nei primi due tornanti continentali il leader del nostro calcio rimediò gli unici schiaffoni della stagione (a Lisbona con lo Sporting e dal Bayern a San Siro). No, non è questo il punto. La Real Inter dei nostri giorni ha un nervo scoperto, lobiezione che fa cadere in frantumi la spiegazione frettolosa sui successi mancati durante lera Moggi. Nelle coppe, con arbitri europei, lInter non riuscì a fare meglio che in campionato. Per esempio mai arrivò davanti alla concorrenza italiana, Juve o Milan cioè. La sua ultima coppa dei Campioni si perde nella notte dei tempi: anno 1965 la data, a San Siro Jair infilzò il Benfica. Unaltra Inter, quella sì grande e irripetibile.
Il fiore allocchiello di questultima Inter resta la semifinale guadagnata col vituperato Cuper nel 2003: si arrese, senza perdere nelle due sfide, al Milan destinato alla corona di Manchester. Prima e dopo, collezionò una delusione dopo laltra.
Quantè grande lInter lo dirà la Champions
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