Ma quante balle sulla P4! Il vero pericolo sono i pm

Woodcock e colleghi attribuiscono a personaggi minori il potere parallelo che essi stessi esercitano. Ai danni dello Stato

Ma quante balle sulla P4! Il vero pericolo sono i pm

No! No! No! No! No! No! No! No! No! No! No! No! No! No! No! No! No! No! No! No! No! No! No! No! No! Non è accettabi­le che l’Italia sia in scacco per l’azione di alcuni facinorosi il cui danno allo Stato è evidente e clamoroso attraverso azioni di depistaggio che attribuiscono ad altri modesti, inetti, de­boli quel potere parallelo e pericoloso che essi esercitano. Altro che «P4 la grande ragnatela», altro che «tutto passava da Bisignani», ma non facciano ridere! Vi ricordate Vallettopoli? Vi ricordate il grande inutile clamore intorno alla Gregoraci, con la convocazione di Totti, Flavia Vento, Fabrizio Corona e altre star e microstar in trasferta a Potenza per la delizia di un pubblico ministero che non aveva troppe distrazioni in città? Potenza della noia! E vi ricordate Vittorio Emanuele di Savoia arrestato e portato da Lecco a Potenza spendendo soldi nostri con una inchiesta finita nel nulla? Certo può non piacere il penultimo dei Savoia. Ma il reato era inventato e l’inchiesta inutile e così tutte le inchieste di un magistrato che ora vuol farci credere, contro ogni evidenza, che esiste una P4 assonante con la P2, anch’essa evaporata nel nulla dopo anni di indagini insensate e sconfessate da una argomentatissima sentenza di Cassazione. Ora ecco «il governo ombra di Bisignani, una rete al servizio di Berlusconi per controllare l’intero Paese ». Balle che finiranno nel nulla da cui provengono. Un generale che va da D’Alema con Bisignani perché avevalettoilsuonomesulgior-naleesapevacheeraunuomo influente. Una serie di ridico-lagginicheculminanonelpate-ticosequestrodicartaintestata in bianco di Palazzo Chigi, al-l’internodell’incartamentore-lativoall’acquisto diunimmobile in leasing da parte della presidenza del Consiglio dei ministri. Un fatto assolutamente insignificante così chiosato dai due euforici magistrati inquirenti: «Nulla di più poteva rendere plasticamente l’idea di una sorta di ruolo ombra svolto dal sodalizio e da Bisignani ». Poi si legge che anche Luca Barbareschi telefonò a Bisignani per avere la direzione del Teatro Stabile e poi, naturalmente, visto il grandissimo potere di Bisignani, il posto fu dato a Gabriele Lavia. Lo Stato non può essere ostaggio di inchieste basate su intercettazioni che non rivelano nulla, che non significano nulla e che vengono fatte passare come «un sistema criminale illegale e surrettizio con modalità operative tipiche delle associazioni mafiose ». Il presidente della Repubblica, il presidente del Csm, avrebbe il dovere di difendere lo Stato da queste aggressioni giudiziarie, caricature di inchieste costruite con morbosa fantasia romanzesca. Pettegolezzi che vanno bene per Dagospia, non per un tribunale dello Stato. E Napolitano lo sa bene. Con tutte le persone con cui aveva rapporti Bisignani io ho rapporti e relazioni altrettanto consolidati, dall’ambasciatore libico al direttore Masi. Mi sembra inaudito che un incontro tra Paolo Scaroni e l’ambasciatore di Gheddafi Hafed-Gaddur abbia bisogno di Bisignani, e del suo «spessore», se non come di una segretaria che prende un appuntamento. Ricostruzioni cervellotiche, insensate, amplificate di conversazioni e di conoscenze in un piccolo mondo in cui tutti vedono tutti. Il potere di Maria Angiolillo, da poco scomparsa, era di gran lunga superiore e del tutto legittimo rispetto a quello di Bisignani. Era un potere fatto di pranzi, di cocktail, di salotti. E invece dobbiamo leggere su giornali falsari: «Eni e Rai nelle grinfie della P4»... «Scaroni a rapporto da Bisignani sul vertice Berlusconi-Putin ». Non si può non ridere alla lettura di queste panzane che ingigantiscono un piccolo personaggio un po’ intrigante e un po’ curioso,ma senza alcun potere. L’interpretazione data alle sue relazioni e alla sua influenza sembra corrispondere alla visione di Fantozzi. Ma Napolitano tace, e consente questo ulteriore scempio del diritto. D’altra parte il quadro è chiaro. Woodcock si muove verso Letta per inquinare i pozzi. La Boccassini è stata formidabile nel processo di disgregazione delle istituzioni e della democrazia rappresentativa. Ha costruito un processo su due parti lese che non esistono e su un reato di prostituzione minorile negato dalle parti e dall’evidenza. Coinvolgendo nove decimi della nazione, matrimoni di interesse e infinite amanti interessate ha scambiato la prostituta con la mantenuta innalzando un capo d’accusa inesistente. La tariffa di una prostituta è limitata alla prestazione che chiude i rapporti. Relazionicontinuative di frequentazione amicale, con doni e stipendi e affitti pagati configura la categoria delle amanti (in numero indeterminato) mantenute, Ruby compresa. La prostituzione determina indipendenza; il mantenimento dipendenza, dell’una e dell’altra parte.Io sono testimone del rapporto continuativo di amicizia con numerose ragazze chiamate prostitute senza esserlo e senza riconoscersi nella categoria, offese da un magistrato donna a cui io non esiterei a chiedere i danni. Ma il processo si incardina per distruggere l’immagine di Berlusconi: obbiettivo raggiunto. Altro che concussione, altro che parti lese. Ma non è finita: a Palermo un magistrato che si esibisce sui palchi con Santoro trasforma in un eroe Massimo Ciancimino, gli fa raccontare qualunque cosa, e soprattutto balle, finché non si scopre che questo mente e altera i documenti. Il Csm tace, Napolitano tace, le forze dell’ordine e i servitori dello Stato come il generale Mori vengono incriminati. Non si può andare avanti in questo modo. E allora cominciamo a guardare le facce. Ha mai visto, Massimo Gramellini che irride Giuliano Ferrara, il ritratto di Paolo III e dei suoi nipoti, di Tiziano, ora a Capodimonte? Nei loro volti si legge il pensiero perverso, alterato dal potere e dall’intrigo. Guardiamo in faccia Ingroia, Woodcock e troveremo la stessa ambizione e lo stesso calcolo di cui nel volto di Bisignani non c’è traccia. Bisignani è un cortigiano obbediente al potere di cui si nutre, non deve né affermare né cospirare, è vittima del suo stesso gioco, come Beppe Signori, né calcio-truffa né P2, un’inchiesta dopo l’altra, tutte ingigantite, dominate dal protagonismo di magistrati, un vero e proprio giudizio universale grottesco e caricaturale, dove ogni pensiero e ogni atto sono interpretati come espressione della malvagità dell’uomo. Continuo a sorridere. Poi leggo Gramellini, la sua vanitosa esibizione di moralità contro Ferrara, dichiarandosi con compiacimento «pericoloso seguace del partito d’azione». Mah! Vanità delle vanità. Per gli altri turpitudine, per sé «tensione morale, slancio di giustizia». Anime belle. E invece Ferrara predilige l’ingiustizia. E per quale arcana voluttà? A Gramellini sfugge, e non resiste, vuole giudicare. Se la prende con Ferrara. Non ha letto Benedetto Croce.

Provi ad andare al capitolo su «L’onestà politica» nel volume «Etica e politica» e forse guarderà con altri occhi anche Giuliano Ferrara. Ma abbiamo capito che gli piace Woodcock, l’altra faccia della medaglia di Bisignani.

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