Come autocandidato al titolo di «partito della legalità», Futuro e libertà non sembra avere esattamente il curriculum giusto. Nella corsa allarruolamento le truppe finiane da un lato insistono con slogan tra moralismo e duropurismo, dallaltro pensano a far numero, senza andare per il sottile. Così, a sfogliare nel Facebook di Fli, tra rappresentanti in parlamento e amministratori locali, vien fuori che più dun esponente del nuovo movimento politico finiano è scivolato, in carriera, in piccoli o grandi incidenti, sotto forma di seccanti magagne giudiziarie o di banali inciampi dimmagine.
In fondo lo stesso leader, Gianfranco Fini, è in attesa che un gip romano decida in merito alla richiesta di archiviazione dellinchiesta sullaffaire di Montecarlo. Che lo vede ancora indagato (insieme al senatore Francesco Pontone, Fli pure lui) per lipotesi di truffa. Comunque vada, probabilmente il presidente della Camera riconsidererà forse certe sue affermazioni riguardo all«inopportunità che gli indagati mantengano cariche politiche». In fondo, lui lha mantenuta.
Anche uno dei suoi fedelissimi, Italo Bocchino, non disdegna gli annunci nel segno della fermezza: «Sulla politica non ci deve essere nemmeno un centimetro quadrato di ombra», ha dichiarato in primavera. Poco meno di due anni fa, Bocchino si trovò invischiato nellinchiesta napoletana sugli appalti «Global Service». Le toghe partenopee miravano allimprenditore Alfredo Romeo e a una buona parte dellamministrazione comunale della Iervolino (che si ritrovò con una giunta da rimontare), ma anche lattuale presidente dei finiani alla Camera si ritrovò indagato per associazione per delinquere e concorso in turbativa dasta, tutto colpa di una telefonata con limprenditore, in cui Italo replicava alle ansie di Romeo su un appalto spiegando che aveva «seguito tutto» e che non cera «nessun problema». Ma era solo una chiacchiera tra amici, uno politico e laltro imprenditore, sugli affari di questultimo. Niente di rilevante penalmente, come ha detto anche la procura, ma semmai un po inopportuna. Niente macchie, ombre chissà.
Un finiano con poltrona nel governo, il viceministro allo Sviluppo economico, Adolfo Urso, sè ritrovato sotto i riflettori - nellestate monopolizzata dallaffaire monegasco - proprio per una questione di mattone. Secondo Dagospia, i pm di Roma avrebbero infatti messo gli occhi sullacquisto dellattico romano sul lungotevere di Urso, sospettando che il prezzo fosse inferiore a quello di mercato. Immediata la smentita del viceministro (e lalzata di spalle della procura), già mesi prima chiamato a rendere conto dalla stampa di come poteva permettersi di rimborsare mutui per 2,5 milioni di euro, accesi per acquistare due appartamenti. Urso chiarì che con quello che guadagna tra scranno parlamentare e posto da viceministro di soldi ne avanzavano pure.
Tra i recenti «acquisti» del gruppo Fli alla Camera cè anche Giampiero Catone. Il nove maggio 2001 Catone, candidato in Veneto per lUdc, venne arrestato su richiesta della procura di Roma per associazione per delinquere finalizzata alla truffa, falso, false comunicazioni sociali e bancarotta fraudolenta pluriaggravata. Catone, liberato pochi giorni dopo, era già indagato, dal 1996, per il fallimento di una azienda di pannolini, lAbatec. Nel 2007 viene anche rinviato a giudizio per estorsione ai danni di una multinazionale, la Merker. Per lAbatec, nel 2008, Catone viene assolto. Il suo nome ha fatto scattare lattenzione di Marco Travaglio, che dellex democristiano aveva già scritto, con Peter Gomez, in Onorevoli wanted, ripercorrendone le gesta. Ieri Travaglio sul Fatto, punzecchiando Fli proprio per la politica delle porte apertissime, critica questa «new entry», osservando che Catone «dice di aver risolto tutti i guai con la giustizia, ma il suo curriculum resta da paura». Ma non cè solo la rappresentanza di Palazzo a mostrare qualche incongruenza con i «principi» che Fli rivendica.
Quante macchie nell'album della famiglia Fli
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