MilanoSi può costruire una reputazione volteggiando con la toga. E poi, allAntonio Di Pietro, tagliarsi i ponti alle spalle e sfruttare con disinvoltura il capitale nellarena di Montecitorio. Si può. Ma non tutti lo fanno. Molti, più banalmente, arrivano dove possono. Avanti e indietro come travet. Pendolari. Con la toga. Poi nellemiciclo. E poi ancora con la toga addosso. Imparziali, come devessere un giudice, nella prima vita; di parte, come richiedono i furori delle urne, nella seconda; ancora, incredibilmente rivestiti nella terza con la corazza dellequidistanza. «Chi va in politica non torni fra le toghe», afferma il vicepresidente del Csm Nicola Mancino che aggiunge: «È preferibile che sia stabilito il divieto di rientrare nellordine giudiziario». Intanto, il viavai continua.
Prendiamo Gianfranco Amendola, storico pretore dassalto con simpatie verdi. Il 27 settembre 89 ottiene laspettativa e atterra addirittura al Parlamento europeo. Il 21 luglio 94, conclusa lesperienza a Strasburgo, rientra alla Procura di Roma. Chi è stato eletto dal popolo può amministrare la giustizia in nome del popolo? Lanno scorso, nuova aspettativa, ma i tempi sono cambiati: Amendola viene bocciato e fa dietrofront. Il risultato? A luglio viene promosso Procuratore della repubblica a Civitavecchia. Uneccezione? Se Amendola è noto, Giuseppe Ayala lo è ancora di più. Magistrato autorevole a Palermo nella stagione mai abbastanza celebrata di Falcone e Borsellino, nel 92 si smarca. Pure lui, tanto per cambiare, sul lato sinistro. Rimane in Parlamento per 14 anni. Uneternità. Poi, sale mestamente sulla navetta e torna alla base. O meglio, alla corte dappello dellAquila. Come giudice, circostanza ancor più preoccupante: il Pm è di parte, il giudice è sopra le parti.
La lista prosegue con un altra celebrità. Che, almeno per il grande pubblico, ha avuto più fortuna in politica. È Enrico Ferri, per una vita parlamentare, sindaco di Pontremoli e tante altre cose. Per tutti il mitico ministro socialdemocratico dei 110 lora. Bene, Ferri era un magistrato. Lavorava ala Procura generale della Cassazione. Nell87 anche lui scavalca il muro. Anzi, il muretto che separa i due poteri. Ma non per sempre. La sua aspettativa si chiude nel 2004, diciassette anni dopo, col ritorno alla solita, accogliente Procura generale. Il valzer, però, non è ancora finito. Nel 2006, nuova aspettativa per le politiche, questa volta con la casacca dellUdeur di Clemente Mastella. Niente da fare. Ferri viene trombato, Mastella lo consola allora con un incarico al Ministero della giustizia. Fino allennesimo rientro in Cassazione. Lultimo. Il 27 gennaio scorso Ferri si toglie la toga. Per sempre. Ma solo per ragioni anagrafiche: va in pensione. Dopo aver nuotato nellacqua dei due oceani.
Anche Adriano Sansa è un magistrato. Ma dallinizio del 94 al 97 è in aspettativa. Il motivo? Sansa diventa addirittura il sindaco ulivista di Genova. A fine 97 lascia il municipio e passa alla corte dappello della stessa città: il Sansa magistrato potrebbe pure giudicare lomonimo ex primo cittadino. Nel 2005 questo potenziale conflitto dinteresse viene disinnescato con una promozione: oggi Sansa governa il tribunale per i minori di Genova.
Se Sansa ha pilotato il capoluogo ligure, Vito DAmbrosio, altro cuore di sinistra, è stato per ben dieci anni nella cabina di regia della regione Marche. Prima, dal 90 al 95, si muove fra gli ovattati corridoi e i lampioni umbertini della Cassazione, poi spicca il volo e diventa Presidente della regione. Nel 2005 rientra al Palazzaccio. Andata e ritorno. Senza tener conto dei criteri di opportunità, evocati da Mancino.
Altri, molti, tengono quel biglietto in tasca. Come Anna Finocchiaro, big del Pd.
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