Spararle grosse è attività antica e sempre alla moda. In questo senso, l’aver ricevuto un premio Nobel non rappresenta alcuna garanzia di saggezza: «Sono pessimista per le prospettive del continente africano», ha detto il genetista James Watson, «dal momento che le nostre politiche sociali si basano sul fatto che la loro intelligenza sia pari alla nostra, mentre tutti i test lo smentiscono». Come dire: i neri sono meno intelligenti dei bianchi. Il concetto non sembra piacere a Margherita Hack, emerita di Astronomia all’Università di Trieste e socio nazionale dell’Accademia dei Lincei.
Che ne pensa, professoressa, delle dichiarazioni del premio Nobel Watson?
«Secondo me ha detto una gran fesseria. Innanzitutto, questi test a cui Watson si riferisce spesso li elabora - per usare una metafora - un abitante di città, per poi sottoporli a un abitante di campagna, senza tener conto, invece, che le strutture della mente sono dipendenti dall’ambiente esterno. L’intelligenza inventa strategie differenti a partire dal contesto dove si trova».
Un problema di fonti, dunque.
«Anche. Sviluppare risultati disuguali in alcuni test standard non significa che ci sia in gioco un’intelligenza superiore o inferiore, poiché le risposte sono condizionate non tanto dall’intelligenza, quanto dal contesto nel quale uno vive».
Eppure Watson afferma, testualmente, che non c’è motivo per prevedere che le capacità intellettive delle persone divise geograficamente al momento della loro evoluzione si siano esplicate in maniera identica...
«Pure questo è piuttosto discutibile: il codice genetico degli esseri umani è lo stesso indipendentemente dalle diversificazioni fisiche avvenute nel corso dei secoli a seconda dell’ambiente. Per riprendere il paragone di prima, chi vive in città ha conoscenze, condizioni, abitudini diverse, modi differenti di affrontare la vita da chi vive in campagna. Non ci trovo nulla di strano».
Nessuna differenza d'intelligenza, dunque, tra chi ha la pelle
«Nessuna. Tra l’altro, Watson non tiene presente che le differenze nel colore della pelle sono irrilevanti. Come se tra i bianchi non ci fossero intelligenti o scemi tanto quanto tra i neri».
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