Quarantanove voci bianche

Barbara Catellani

È nuova l'atmosfera che si respira al quindicesimo piano del Carlo Felice ogni lunedì pomeriggio, e nuovi i suoni che provengono dalla sala coro, assediata da un esercito di mamme furtivamente in ascolto fuori dalla porta. Dentro stanno quarantanove artisti attenti ai gesti curiosi del direttore, il più piccino ha sette anni, la più adulta è già invece un'adolescente in piena regola: insieme formano il primo coro ufficiale di voci bianche del nostro teatro, ultimo arrivato tra i protagonisti assoluti della stagione sinfonica (e non solo). Corpus fortemente voluto dal direttore artistico Alberto Triola con l'intenzione di diffondere l'interesse e l'amore per la musica classica tra i giovanissimi, il nuovo ensemble polifonico - accuratamente selezionato all'interno di un nutritissimo gruppo di aspiranti - si avvicina al mondo del teatro nel miglior modo possibile, che è proprio la partecipazione in prima persona al cartellone, con tanto di prove molto professionali, spartito sul leggío e pianista accompagnatore a piena disposizione.
Siamo soltanto al secondo appuntamento, ma il Maestro Gino Tanasini e il suo assistente Enrico Grillotti sembrano soddisfatti, nonostante il tempo limitato a disposizione: «È un buon gruppo - ha detto Tanasini durante un meritatissimo intervallo che più che pausa caffè ha l'aspetto di una pausa merenda - risponde con prontezza e sono sicuro che l'entusiasmo crescerà andando avanti con il lavoro: per i ragazzi è un'esperienza gratificante e formativa, una bella prova di maturità. Certo, ci vorrebbe il doppio delle prove, anche soltanto per lavorare con le differenti sezioni in maniera più approfondita… il concerto di Natale non è poi così lontano».
E la meta è in effetti alle porte, prevista per il 20 dicembre, quando i nuovi artisti saliranno sul palcoscenico accanto al coro dei «grandi» e all'orchestra per l'esecuzione de «Saint Nicolas», la cantata di Britten per tenore, coro e coro di voci bianche. Per ora comunque loro non ci pensano, sono concentrati sulla loro parte, sul movimento delle mani del direttore e sui «compiti» a casa che Tanasini caldamente raccomanda di eseguire in qualsiasi momento della giornata, in camera, ai giardini e - perché no? - sotto l'emblematica doccia; e se ogni tanto può scappare uno sbadiglio, l'ingresso del sovrintendente o di un giornalista li ridesta, li fa entrare nel ruolo fondamentale che davvero ricoprono, e tutto riprende, vocalizzi o brani di cantata che siano. E ascoltandoli sboccia naturale un pensiero: «perché all'estero il coro dei bambini è pratica così comune e qui da noi invece rischia di essere un evento estemporaneo, legato all'occasione o al momento?».

Non solo di Tanasini deve essere la speranza di rendere il coro organismo stabile, fiore all'occhiello di un teatro moderno, al passo con le più importanti espressioni artistiche; e con il merito di allontanare per qualche ora i bambini da televisione e playstation, a tutto vantaggio della loro maturità e crescita intellettuale. Impegno non da poco, davvero.

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