Quattro associazioni benefiche per aiutare i bambini prematuri

Finanziano corsi per i dottori, l’assistenza ai neonati e l’acquisto di apparecchiature

Marisa de Moliner

La piccolissima Cristina Nicole a Milano ha trovato l’assistenza adeguata al suo caso. Come tutti gli altri neonati nati prematuri. La nostra città sembra essere pronta ad accoglierli. Le competenze ci sono e anche le strumentazioni scientifiche. I primari delle più importanti neonatologie ne sono convinti, tant’è vero, che al contrario di altri loro colleghi che si occupano di altre branche, non si lamentano per la carenza di apparecchiature. Tutto perfetto, dunque, ma qualcosa manca anche, o meglio qualcuno.
«Mancano medici e infermieri» è categorico Fabio Mosca, direttore dell’unità operativa di neonatologia della Mangiagalli. «La nostra terapia intensiva con i suoi 15 letti è la più grande d’Italia e una delle più grandi d’Europa. Le apparecchiature non ci mancano e continuiamo ad aggiornare il parco macchine, a ritmo di tre, cinque, sei. Con i nostri letti di terapia intensiva e quelli del Niguarda, del Buzzi e della Macedonio Melloni siamo pertanto in grado di fornire assistenza a tutti i bimbi prematuri che nascono a Milano. Il problema è quello del personale infermieristico e medico». «Quella degli infermieri è una carenza non solo della mia clinica - sottolinea il dottor Mosca - ma anche degli altri ospedali italiani. A Milano il problema è ancora più grave perché un infermiere fa fatica a vivere con lo stesso stipendio che percepiscono i colleghi di cittadine dove la vita è senz’altro meno cara. È assolutamente necessario che venga messo in atto qualche correttivo di politica nazionale».
«Si tratta di problemi strutturali - continua il primario di via Commenda - e non di assistenza. La Lombardia da questo punto di vista va molto bene. S’è dotata nel 2002 di undici terapie intensive per il trasporto d’emergenza dei neonati prematuri. Non è, quindi, un caso se nella nostra regione la mortalità neonatale è una delle più basse al mondo dopo la Scandinavia e il Giappone».
La Lombardia e Milano sono pertanto a posto, hanno tutte le attrezzature necessarie per assistere i neonati prematuri e sottopeso anche se devono fare i conti con il problema della mancanza di personale. Personale non solo infermieristico ma anche medico. Questa volta se mancano i neonatologi non sarà per lo stipendio basso? No, ma anche in questo caso i soldi fanno la loro parte. Il primo a lanciare l’appello per la mancanza di neonatologi è stato ieri proprio dalle pagine de Il Giornale il primario dell’unità di neonatologia e terapia intensiva neonatale del Niguarda che sta curando la piccola Cristina Nicole.

«Nel mio reparto serve almeno un altro neonatologo - ha raccontato e oggi precisa Stefano Martinelli - mancano perché dalle scuole di specialità escono pochi specializzati e la maggior parte preferisce fare il pediatra di base». Attività più appetibile economicamente e che non richiede estenuanti turni in ospedale.

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