Quegli anatemi ecologisti che risparmiano il petrolio

Franco Battaglia provoca Carlo Rubbia sull’«energia dall’acqua» (Il Giornale del 21 febbraio 2007) e Rubbia risponde a Battaglia (Il Giornale del 23 febbraio). Non entro, naturalmente, nel merito delle cifre. Mi limito a osservare che la campagna di Battaglia contro le «bufale» sull’energia rimane meritoria, quand’anche qualche cifra fosse sbagliata. Aggiungo solo qualche precisazione.
La prima volta che si parlò in Italia di alimentare le automobili ad acqua era il 1936. C'era la guerra d’Abissinia, con le conseguenti «inique sanzioni», e il petrolio scarseggiava. (Dunque ben prima del «futurologo» Rifkin). Mio padre (io avevo 13 anni) mi spiegò: «Far andare le automobili ad acqua sarebbe semplicissimo. Purtroppo, l’energia che occorre per separare l’idrogeno dall’ossigeno è maggiore di quella che si ottiene ricombinandoli».
Poi, per anni, non se ne parlò più. Il governo di allora si accontentò di aumentare l’accisa sulla benzina, che rimase in vendita a un prezzo che oggi ci parrebbe insopportabile: un litro di carburante costava quanto un pasto in trattoria. Ora non tutti lo sanno, ma una piccola parte del prezzo che paghiamo al distributore è tuttora dovuto a quella tassa del 1936; fortunatamente non rivalutata in base all’inflazione. Forse, a loro volta, i nostri pronipoti, quando studieranno l’origine di tasse lontane, sentiranno fare il nome di un certo Padoa-Schioppa e di un suo aiutante Visco.
Oggi la battaglia sulle energie alternative è combattuta con criteri eminentemente politici. Tecnicamente le nefaste conseguenze dell’atomo si possono eliminare più facilmente delle subdole del petrolio: eppure nessuno, a sinistra, lancia l’anatema contro il petrolio, mentre lo lancia di continuo contro l’atomo. Si direbbe che molti siano contenti che il petrolio alimenti il terrorismo islamico antioccidentale. Si tenga presente che il costo maggiore per rendere innocua una centrale atomica è la necessità di proteggerla contro il terrorismo.
Grazie al nucleare l’idrogeno potrebbe effettivamente diventare utile per proteggere l’ambiente. Come una sola centrale a carbone inquina molto meno, grazie ai depuratori, che le innumerevoli locomotive a vapore che permette di sostituire, così una centrale nucleare, grazie alla possibilità di rendere innocue le scorie, diminuirebbe enormemente l’inquinamento da automobili. La difficoltà è distribuire l’energia ottenuta in forma di idrogeno. Gli elettroni viaggiano facilmente su un semplice filo di rame. L’idrogeno è più difficile da distribuire alle singole auto: più dell’elettricità e più del petrolio.

Ma il gioco vale la candela; mentre su tanti altri progetti di energia alternativa è augurabile che il professor Battaglia continui a gettare il ridicolo.

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