Quegli incontentabili alla ricerca della forma perfetta

Quegli incontentabili alla ricerca della forma perfetta

Writing is rewriting. Scrivere è riscrivere. E se scrivere, per qualsiasi autore, è già di per sé un tormento, la riscrittura per alcuni diventa un’ossessione. Patologia che la letteratura italiana, dal Canzoniere di Petrarca alle opere di Carlo Emilio Gadda - passando per Fermo e Lucia, Sposi promessi diventati Promessi sposi - conosce bene. Caro Antonio Pennacchi, si parva licet, benvenuto nel club. Intanto, ecco alcuni soci illustri.
Due mesi fa, retrocedendo nella storia editorial-letteraria del nostro Novecento, è apparsa la versione aggiornata (veramente non una «riscrittura», solo una «rinfrescata») del thriller a lettura multilevel Il nome della rosa. Il longseller di Umberto Eco, trent’anni dopo la prima edizione, del 1980, si è fatto un ritocchino: una liposuzione ai passaggi più ostici della trama, un lifting al linguaggio, un’iniezione di botulino al marketing, ed ecco un libro «più accessibile ai nuovi lettori», soprattutto ai giovani «digitali». E ai giovani cannibali? A quelli ci pensarono Aldo Nove, che dopo aver scritto Woobinda e altre storie senza lieto fine per Castelvecchi nel 1996 ri-scrisse Superwoobina per Einaudi nel 1998, e Niccolò Ammaniti che dopo aver esordito per Ediesse nel 1994 con branchie! (minuscolo, col punto esclamativo) lo ripubblicò, con pesanti modifiche e col titolo Branchie, nel 1997, anche lui da Einaudi. Lo Struzzo, spiritus durissima coquit, digerisce tutto.
Poi c’è l’altissimo, purissimo, Aldissimo Busi, che ha sfogato la sua maniacale revisione ossessivo-compulsiva su più di un romanzo, a partire, da giovane, da Seminario sulla gioventù: esordio nel 1984 per Adelphi; nuova edizione riveduta per gli Oscar Mondadori nell’88; nuova edizione totalmente riveduta per I Miti Mondadori nel ’92; nuova edizione riscritta e accresciuta (con in appendice Seminario sulla vecchiaia) per Adelphi nel 2003; e infine una nuova edizione totalmente riveduta per Mondadori nel 2004. Oppure il romanzo provvisorio Vita standard di un venditore provvisorio di collant, iniziato nel 1979, pubblicato nel 1985, revisionato dal 1991 al 1996, totalmente riscritto nel 2001 e con episodi inediti e un nuovo finale nel 2002. Sempre, però, per Mondadori. E anche Giuseppe Genna col suo Assalto a un tempo devastato e vile è arrivato alla terza edizione ampliata, e non è ancora finita a quanto dice l’autore.
Certo, ci sarebbero Palazzeschi, Bassani, Cassola, D’Arrigo... e persino Antonio Moresco: si pensi a Gli esordi, libro scritto, riscritto, rivisto e ribattuto dal 1984 al 1998 fino a questo 2011, sempre in cerca della forma perfetta. Ma il caso più famoso rimane Alberto Arbasino. E il libro più famoso del caso più famoso è Fratelli d’Italia: pubblicato per Feltrinelli nel 1963 e con modifiche all’ultimo capitolo nel ’67; accresciuto nel ’76 per Einaudi; e ulteriormente ampliato nel ’93 per Adelphi. E così l’ultima «monumentale» edizione ha superato le mille pagine.
Infine, più di tutti, meglio di tutti, c’è Giuseppe Pontiggia.

Che ha continuato a rimettere mano a tutti i suoi romanzi, da L’arte della fuga (pubblicato nel 1963 e rifatto tre volte) a Il raggio d’ombra (uscito nel 1983 e poi completamente riscritto). Si dice che quando è morto stesse ritoccando anche Nato due volte.
Writing is rewriting, come disse Ernest Hemingway. Confessando di aver riscritto il finale di Addio alle armi 39 volte.

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