Quegli scatti d’autore sul vuoto dell’anima

Per fotografare la depressione bisogna essere incauti: perché è come amare. Occorre tenere in mente due idee opposte - la freddezza e la partecipazione - e allo stesso tempo non lasciar mai cadere la presa, non lasciar mai riposare l’obiettivo. Sennò, potrebbe sfuggire un dettaglio vitale, uno sguardo rivelatore, un gesto all’apparenza incomprensibile, sfocato, ma che viene dal profondo dell’anima. Da questo punto di vista Beyond the dark. Al di là del buio di Luca Artioli (Mondadori), libro di fotografie e composizioni poetiche, è un esperimento riuscito e anche qualcosa di più: un tentativo coraggioso e molto raro. Forse solo Francesca Woodman - con le sue esposizioni lunghissime, angoscianti e di una delicatezza esclusivamente femminile - ha tentato con successo l’impresa di descrivere in immagini fotografiche la depressione, senza che nessuno scatto potesse alla fine apparire patetico, compiaciuto o in malafede.

Luca Artioli - nato a Milano nel 1963 e dal 2000 fotografo freelance ben conosciuto, soprattutto negli Stati Uniti - ha seguito la stessa via della Woodman: lasciare che il dolore impressioni a lungo la pellicola. E ci ha messo del suo: la luce. Quella luce, come dice un suo verso, «che si fa acqua che sa di alba e si insinua nella fessura della mia notte».
TC

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