da Milano
La chiamavano vicenda «Qui, Quo e Qua», dove Qui stava per Alessandra Mussolini, Quo per Piero Marrazzo e Qua per un personaggio che non è stato al momento identificato. Con i tre nomi disneyani alcuni degli arrestati nell'inchiesta sui detective privati corrotti e sulle intercettazioni abusive definivano gli oggetti del presunto «spionaggio» politico alla vigilia delle elezioni regionali nel Lazio.
Questo è soltanto l'aspetto più eclatante, e che ha scatenato un immediato terremoto politico, di un'inchiesta della Procura di Milano che spazia su diversi fronti. L'ordinanza - con la quale il gip Paola Belsito ha disposto l'arresto di 16 persone tra investigatori di agenzie private, due finanzieri, un poliziotto e due dipendenti di società telefoniche - è racchiusa in un voluminoso plico di oltre 300 pagine. Tra le considerazioni preliminari, il giudice osserva: «Quello che emerge dall'indagine è uno sconfortante e poco rassicurante squarcio sul mondo degli investigatori privati, la parte evidentemente malata e patologica di quel mondo che interpreta il proprio ruolo in maniera assai disinvolta». Il gip parla dell'appropriarsi di una «vera e propria licenza di intromettersi nella vita personale e professionale degli altri, senza alcun rispetto per la privacy, per la libertà e per l'inviolabilità di certi diritti». Ci si trova di fronte, è scritto nell'ordinanza, a «investigatori che si industriano, si organizzano, si coalizzano e si associano per un fine di lucro, trasformandosi, grazie all'aiuto di pubblici ufficiali o di incaricati di pubblico servizio corrotti e/o infedeli in spioni con pochi scrupoli». Spioni che ricevono l'incarico di raccogliere informazioni riservate sul conto di personaggi di ogni genere, anche di rilievo politico. A questo proposito il gip osserva, in generale, che «raramente si apprende la ragione dell'incarico conferito ad una agenzia e ancor più difficilmente si riesce a identificare chi in concreto ha commissionato le investigazioni». Ma aggiunge che appare comprensibile come il ricorso al sistema delle «investigazioni parallele» nasconda «la volontà o comunque il tentativo di condizionare un certo risultato o magari di falsarne l'esito». Questo sistema «diviene uno strumento per gettare discredito sul concorrente, per mascherare un socio che si presume infedele, per sconfiggere un avversario sgradito e pericoloso.
Le indagini e l'esito delle intercettazioni fatte dagli inquirenti portano a dimostrare, sottolinea il gip, che l'incarico di investigare sui tre personaggi (solo la Mussolini e Marrazzo identificati, come si è detto) venne «affidato» alla fine di febbraio 2005 a Pierpaolo Pasqua, titolare della Security Service Investigation, «da un soggetto inserito presso la Regione Lazio e interessato all'esito delle elezioni regionali del Lazio che si sono svolte il 3 e 4 aprile del 2005».
Da quel che risulta agli atti dell'inchiesta il 24 febbraio 2005 Pierpaolo Pasqua ebbe una conversazione telefonica con un certo Niccolò, che viene «ragionevolmente» identificato per Niccolò Accame, «che era all'epoca dei fatti di cui si discute legale rappresentante dell'Associazione Lista Storace». Il gip precisa che nei suoi confronti non vi sono richieste da parte del pm, nè risulta indagato. Nella telefonata si parla di «un certo intervento» da fare a Roma nel fine settimana, per fare bene il quale è necessario un tecnico.
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