Quei fan delle dimissioni che difendono Gianfranco

A furia di parlare dei peccati di Berlusconi per dargli addosso, si è persa la misura di cosa sia grave e cosa meno.
Dopo le dimissioni del tedesco, zu Guttenberg, per lo scandalo della tesi copiata, molti in Italia hanno elogiato il gesto: bravo, bravissimo. Si sono aggiunte riflessioni antropologiche tipo: la Germania è una democrazia, lassù i ministri pagano, ah i tedeschi! Il tutto per dire che il Cav invece - reo di mandrillate notturne - resta attaccato alla poltrona. Ossia, mettono sullo stesso piano caso Ruby e tesi plagiata. Anzi - a giudicare dai toni - considerano peggio il lupanare di Arcore che l’imbroglietto universitario del barone tedesco.
Analogo atteggiamento per Fini sulla vicenda Montecarlo. Mentre il centrodestra si indigna, sinistra, Udc, stampa e magistratura fanno lo gnorri. Si schierano contro le dimissioni di Gianfry ma insistono per quelle del Berlusca. Benevoli verso l’uno, sono implacabili con l’altro. Come dire che, secondo costoro, chi fa bunga bunga a casa propria è più indegno di un tizio che, nominato custode di un appartamento, lo intasca per sé e famiglia.
A parte che sarebbe carino se il premier passasse le serate ascoltando musica e leggendo un libro, l’argomento che dovrebbe inchiodarlo è che, con le sue mattane, ci ha resi mondialmente ridicoli. Al che si controbatte dicendo che se la magistratura non si fosse infilata nel talamo del Cav, divulgando urbi et orbi quanto succedeva, non saremmo a questo punto. Si può poi aggiungere che, frugando tra i materassi, i pm hanno calpestato l’inviolabilità del domicilio e, intercettando gli invitati, la riservatezza della corrispondenza. Per finire che chiunque, se gli metti un periscopio in casa, ne esce nudo, immeschinito, ripugnante. Un Paese in cui le toghe ricorrono a simili violenze, non per stanare il bandito Giuliano, ma per documentare una pomiciata del premier, è a un bivio: o le mette in riga o si spacca.
Nonostante questa sia l’onesta verità, c’è chi insiste nel dare più rilievo al versante brutta figura del Cav che al ruolo inquietante dei pm. Lo ha fatto in modo divertente, ma furbesco, il neo finiano Benedetto Della Vedova. Sul Secolo ha scritto: «Se la cancelliera Merkel fosse raggiunta dalla telefonata di un prostituto brasiliano e a seguito di questo chiamasse la questura ottenendo il rilascio di un aitante marocchino...», e via sulla falsariga di ciò che è accaduto al Cav ma con Merkel al suo posto. Ingegnoso ma fasullo. Il bagliore della prosa dellavedovesca è dato solo dall’aver sostituito, non un premier all’altro, ma una donna a un uomo. Chiaro che col pregiudizio diffuso (e su cui il finiano fa leva) della donna angelo del focolare, la Merkel tra un prostituto carioca e un aitante marocchino fa la figura del - chiedo scusa ma serve - puttanone. Come dire: questo è l’epiteto che merita il Cav e di qui la sua indegnità. Nossignore. Perché, sempre in base al pregiudizio, verso un uomo che fa queste cose si chiude un occhio o tutti e due, come dimostra il comportamento yankee nel caso Clinton. Tanto è vero che se Della Vedova, invece di fare il callido, avesse messo Sarkozy al posto di Merkel, il parallelo col Berlusca si sarebbe appiattito come un soufflé malriuscito. Il fatto che l’autore sia dovuto ricorrere al trucco per gonfiare le colpe del Cav rivela due cose: l’odio per lui e, al netto della fuffa, la scarsa gravità politico-giudiziaria delle notti brave del premier.
Torniamo da dove siamo partiti. Cioè al clima farlocco che ci avvolge per cui l’affare Ruby è uno scandalo inaudito e qualsiasi altra cosa - se non riguarda il Cav - una bagatella. zu Guttenberg è un discolo, Gianfry un gentiluomo. Vediamo. Il barone tedesco ha rubato da un libro il 70 per cento della sua tesi ed è diventato doktor (più della laurea, quasi una docenza) facendosi bello delle penne altrui. Il presidente della Camera ha venduto sotto prezzo a un offshore caraibica, un immobile ereditato dal partito di cui era possessore fiduciario. Si è poi saputo, grazie a un’inchiesta giornalistica, che l’uso e la proprietà della casa erano passati al cognato di detto presidente. La stessa procura romana, che ha escluso il reato (ma il gip deve ancora decidere), non esclude però il danno e ammette che Gianfry e i suoi possano essere chiamati a risponderne in sede civile.
Con zu Guttenberg e con Fini, ci troviamo perciò di fronte a individui che hanno leso terze persone. Zu Guttenberg ingannando la società con un falso diploma, tipo l’odontotecnico che si spaccia per dentista. Fini sottraendo un bene al partito o parte del suo valore, avendolo la sua tribù incamerato a prezzi stracciati. In senso puramente letterario (a scanso di equivoci), entrambi hanno truffato il prossimo. E questo sarebbe meno sconveniente dell’arzillismo del Cav? Semmai, il contrario: lui si fa i fatti suoi a casa sua, senza nuocere a nessuno (anzi!); gli altri, dio ne scampi. Non so voi, ma io mi sentirei più tranquillo tra gaudenti che si appartano nei loro villoni, che in mezzo a falsi notai o bancari che fanno la cresta sui depositi. I bunga bunga sono socialmente innocui, strappano un sorriso, al massimo un’Ave Maria. I frodatori fanno paura. Come vedete, l’esatto opposto di quello che la polemica politica ci propina.
Già, dirà il Pierino di turno, il Cav però non è solo un noto mandrillo ma, secondo il dott. Bruti Liberati, anche un concussore. È la famosa telefonata in questura pro «nipote di Mubarak». A parte che una italianissima raccomandazione, non commendevole, ma come altre mille, diventi concussione è un trattamento su misura del Caimano.

E poi c’è la contraddizion che nol consente: come avrebbe il Cav costretto il poliziotto a commettere irregolarità se lo stesso Bruti Liberati le ha escluse? Ricordate, allo scoppio del caso e di fronte all’ira di Maroni, con quanta fretta il procuratore attestò che era tutto al bacio e tappò pure la bocca di una collega che, tapina, diceva il contrario? Solo dopo ha alzato il polverone che ci soffoca. Era stato equivocato prima o ci prova adesso? Anche questa ambiguità di Lorsignori in toga, a me sembra peggiore di ogni bunga bunga. Ma lo dico piano, da reverente suddito.

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