Il Giappone ha ritrovato i suoi kamikaze. Li aveva lasciati lì, nel 1944, a combattere contro gli americani. Con la loro bandana bianca a raggi rossi stretta in testa, in picchiata con gli aerei carichi di esplosivo sulle navi americane. Oggi i martiri sono tornati; con la divisa bianca e le mascherine sul naso. Sono i volontari di Fukushima, la centrale nucleare maledetta fuori controllo. Hanno visto le immagini in televisione, il fumo uscire dai reattori, le radiazioni, il Paese in ginocchio, lannuncio del governo: «labbandono della centrale è impossibile». Il richiamo del samurai è arrivato con limperatore in tv che invocava «Coraggio per la Nazione». Se il Giappone si rialzerà dal disastro atomico lo dovrà a questi eroi senza volto. A questi pompieri che si sono presentati in 180. Volontari e consapevoli, pronti a morire come kamikaze buoni. Sacrificati per il Paese ma non solo. La maggior parte sono uomini anziani, per lo più pensionati che hanno superato i 60 anni. Per questo lavoro non arrivano a guadagnare ottanta euro al giorno, ma il richiamo samurai non centra con il denaro. Qui ci sono altri valori, è il richiamo damashii che ritorna, lo spirito giapponese che conta, orgoglioso e testardo, come ai tempi della guerra, quando si chiedeva ai piloti lo stesso sacrificio. Ma oggi qualcosa è cambiato. Oggi quella prepotenza e quel nazionalismo estremista della seconda guerra mondiale ha lasciato lo spazio al patriottismo, al bene comune da mettere al di sopra di quello individuale.
Sette di loro sono già stati contaminati, due sono morti durante unesplosione. Gli altri vanno avanti, nonostante le contaminazioni e le scorie sporche che si conficcano in gola. Entrano nella centrale a turni di 50 e lottano per evitare il disastro, la fusione. Hanno le tute e le bombole dossigeno, si muovono in fretta, sanno che non hanno molto tempo. Hanno visto le immagini di Chernobyl, seguito i documentari, visto i malati di cancro ventanni dopo. Sanno che potrà toccargli la stessa sorte, che forse ci saranno loro a raccontare il loro gesto eroico, a spiegare come si fa ad arruolarsi per morire per un Paese.
Il Giappone prega per loro e incrocia le dita. Fukushima senza controllo migliora. Sacrifici e sforzi dei tecnici samurai sono riusciti a far tornare lelettricità per il sistema di raffreddamento. Il signor Nagase è uno degli sfollati che ora vive in una palestra. La sua casa era a meno di venti chilometri da Fukushima e si commuove: «Noi sappiamo cosa vuol dire il sacrificio per salvare una Nazione, per non farla cadere nella polvere, lo abbiamo fatto anche durante la Guerra. Oggi i miei nipoti pensano solo a quello che devono comprarsi». Lindividualismo e linfluenza occidentale ha contaminato i giovani giapponesi.
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