Quei messaggi in codice di Visco

Quando le interviste hanno, per un qualsivoglia motivo, risvolti discutibili o censurabili, vengono ribattezzate «colloqui». La sostanza non cambia, il potente di turno si confida con un giornalista amico su temi importanti: ma vige una straordinaria parsimonia di virgolettati. Quasi che la mancanza dei medesimi possa attenuare quella che a noi sembra una scorrettezza istituzionale. Ossia l’avere, a proposito dei depositi italiani in Liechtenstein, usato una forma obliqua per dire, mormorare, accennare, avvertire, ammonire.
Il potente di turno è il viceministro Vincenzo Visco: le cui parole e i cui pensieri ci sono stati resi noti tramite Massimo Giannini, firma autorevole di Repubblica. Non vogliamo simulare ipocriti stupori. Sappiamo benissimo quale sia il rapporto d’amorosi sensi che s’è stabilito - e tuttora dura - tra il quotidiano fondato da Eugenio Scalfari e l’intera falange prodiana: incluso Visco che ne è uno degli esponenti di maggior spicco. Ma in questa circostanza il viceministro ha esagerato, nel suo slancio affettivo per Repubblica.
Vorremmo evitare gli equivoci. Siamo per la pubblicazione - hic et nunc - della lista nera che è in possesso di Visco. La sua divulgazione farà sapere agli italiani se quei patrimonietti o patrimonioni avessero domicilio legale nel principato, o se - almeno alcuni tra essi - vi fossero stati trasferiti illegittimamente. Farà inoltre sapere agli italiani, la divulgazione, se nell’elenco figurino uomini politici, e a quale serie della nomenklatura - la A o la B o la C - possano essere ricondotti. Tutto questo è normale e logico. Anormali - al punto da parere immorali - sono invece gli ammiccamenti, gli accenni a mezza bocca dei quali - questa è almeno la nostra impressione - Visco è stato prodigo del pluricitato colloquio.
Il viceministro spiega che la lista «va esaminata con attenzione da parte dei nostri uffici e da parte della magistratura». E i nomi di rilievo? Il viceministro risponde con cautela, «se qualche nome c’è non si tratta di pezzi da novanta», «qualche grosso nome del pianeta dell’industria e anche del mondo dello spettacolo», ci sono somme modeste, poche centinaia di migliaia di euro ma anche «qualche cifra grossissima di diversi milioni di euro». Visco giura che mai e poi mai utilizzerà a fini elettorali il tesoretto cartaceo che la Germania gli ha cortesemente fornito: ma intanto escono queste indiscrezioni, questi coriandoli suggestivi d’una documentazione senz’altro molto nutrita, e tale da dare contorni precisi all’affaire.
Non vogliamo stucchevolmente ripetere una verità conclamata: vale a dire che, quando sono in giuoco interessi politici e partitici, il giuoco è quasi sempre sporco. Massimo Giannini, che per Visco ha una autentica venerazione, dice che si muove con prudenza «per evitare un clima da caccia alle streghe o da lista di proscrizione». Ottimo proposito. C’è, per non alimentare un clima siffatto, una misura molto semplice, la pubblicazione dei nomi: così da non lasciar supporre che quei nomi siano più utili se restano minacciosamente in un cassetto anziché finire sulle pagine dei quotidiani.
Queste supposizioni - bollate come insinuazioni - sono respinte con sdegno da Visco e da chi si fa portatore dei suoi atti e detti. Nessuna utilizzazione elettorale della vicenda. Sarà. Ma proprio il Torquemada delle tasse, concludendo la conversazione con Massimo Giannini, butta lì - «mentre il suo sorriso si incrina e il suo sigaro smette di sbuffare» - questa osservazione non proprio asettica: «Ho solo un rammarico: che ne sarà di tutto questo lavoro che abbiamo impostato, nei prossimi mesi? Se vincerà il centrodestra la risposta è già scritta». Così come è già individuata - nell’interpretazione di Ellekappa, vignettista di Repubblica - l’appartenenza politica degli innominati di Vaduz.

Dice uno dei due personaggi della vignetta: «Ancora non si conoscono i nomi degli evasori italiani che hanno il conto in Liechtenstein». Risponde l’altro: «Si sa solo per chi votano». Tanto per chiarire che ogni strumentalizzazione elettorale rimane lontana anni luce sia da Visco sia da Repubblica.

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