Quei mestieranti della politica che uccidono la democrazia

Costituzione italiana, articolo 67: «Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato». È in base a questo articolo che la maggior parte delle legislature non sono state portate a termine, e si tratta palesemente di una presa in giro del voto dei cittadini. Che valore può avere un contratto nel quale è previsto che una delle parti non è tenuta a mantenerlo? Che significato può avere l’affermazione che ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione se nessun cittadino può essere votato in quanto tale, con il suo nome, senza appartenere a nessuna lista? Soltanto in quel caso, infatti, l’articolo 67 non costituirebbe un pugno in faccia ai cittadini votanti.
La situazione creata dal presidente della Camera e dai suoi seguaci è chiaramente un abuso visto che questo articolo, che da lungo tempo avrebbe dovuto essere cancellato, era stato inserito nella Costituzione per salvaguardare il parlamentare da un’eventuale situazione coercitiva, prevista dai costituenti soltanto perché erano appena usciti dal periodo fascista e temevano appunto il ripetersi di una dittatura.
Ogni legge, però, è affidata all’onestà di chi l’interpreta e non può essere utilizzata esclusivamente fondandosi sulla «lettera» escludendone lo spirito. Le operazioni condotte dal presidente della Camera e dai deputati che si sono schierati con lui suscitano nei cittadini, oltre allo sdegno per essere stati presi in giro nel loro voto (ho sentito parlare di «tradimento», ma il termine tradimento dà una dignità ad un comportamento che viceversa parla esclusivamente della pochezza spirituale e morale di chi l’ha compiuto), anche la volontà di non essere sottoposti comunque all’abuso di chi ha fatto di loro un «oggetto» dei propri interessi e intenderebbe farlo di nuovo chiamandoli a votare. Il cittadino non può essere obbligato a considerare anch’esso il voto come una specie di sberleffo alla pari di come l’ha considerato il presidente della Camera.
È il parlamentare che deve dimettersi se il suo ruolo o il suo partito non gli vanno più bene; e deve dimettersi anche perché non può dare nessuna garanzia di far bene ciò che fa in nessun campo una persona che non è capace di mantenere ferme le proprie opinioni neanche per un minimo lasso di tempo. Vogliamo sperare che non si tratti di qualcuno che ha anche «giurato» la propria fedeltà.
Rimane il fatto che il mondo politico, in mano ai professionisti della politica, sta uccidendo, se non l’ha già uccisa, la democrazia. Ha fatto un altro partito il presidente della Camera? Facile non è vero? Senza perdere il proprio posto, usufruendo di tutti i benefici, dei servizi, delle spese pagate dai contribuenti? La chiama democrazia questa il signor Fini? È indispensabile la legge che i parlamentari non faranno mai, quella che impedisce il rinnovo del mandato più di una volta.


Toccherà ai cittadini trovare il modo per impedire che la politica diventi la professione che impedisce la democrazia. Questo è infatti l’unico, vero conflitto d’interessi: quello fra la democrazia e il professionismo della politica.

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