La città è insidiata e assediata da forme più o meno clamorose di illegalità che ne consumano la coesione e lo stile. All'interno delle mura - che non esistono e non esisteranno mai più - ci sono ospiti riottosi, i cinesi di via Sarpi e dintorni, che considerano quel quartiere come un'area che goda di extraterritorialità e si regga con norme sue proprie; subito fuori, in periferia, ci sono tanti edifici e strutture dismessi occupati abusivamente da nomadi e immigrati irregolari che ne fanno squallide cittadelle del disordine e del malaffare: più di cento. Non si riesce a ristabilire un ordine accettabile, per motivi di malintesa solidarietà per un desiderio di quieto vivere che prepara tensioni più aspre. L'elogio dell'ordine non è l'astratta aspirazione a una perfezione impossibile, è la difesa minima delle ragioni di civile convivenza. La resistenza dei commercianti cinesi a trasferire le loro attività in un'area più adatta e la tenacia degli abusivi e irregolari nel non rispettare la legge si traducono in maniera diretta, immediata nel disagio e nella sofferenza di tanti cittadini, che si sentono isolati e ignorati, abbandonati in una società violenta, senza regole, nella quale i prepotenti hanno sempre ragione. Le autorità nazionali (che hanno le maggiori responsabilità) e quelle locali non possono e non debbono tollerare questo stato di cose. Lo sappiamo, le situazioni si sono incancrenite col passare del tempo, in anni di lassismo e di cecità di fronte a fenomeni complessi e non è possibile ripristinare condizioni ideali con un colpo di bacchetta magica.
Ma bisogna cominciare a recuperare con pazienza e gradualità la legalità indispensabile, senza attuare forme di macelleria sociale e senza rassegnarsi alle sopraffazioni di lunga stagionatura.Nell'interesse dei cittadini e di coloro che ancora non lo sono.
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