Ora ci sono anche i Cinquantuno. Dovrebbero fare da pontieri fra il candidato del centrosinistra, Giuliano Pisapia, e il Terzo polo: lApi di Rutelli, il Fli di Fini, ma soprattutto lUdc di Casini.
Come ha sottolineato giustamente ieri Il Sole 24 Ore, in questi 51 non ce nè uno che abbia una dichiarazione dei redditi bassa. Trattasi di borghesi milanesi, qualcuno importato. Sono guidati da Piero Bassetti, primo presidente della Regione Lombardia. Riepilogando: Pisapia deve fare da ponte tra il Pd e la sinistra di Vendola, Vendola deve fare da ponte tra la sinistra diciamo parlamentare e tutta la galassia dei centri sociali e compagnia bella e ora i 51 di Bassetti devono fare da ponte tra Pisapia, che fa da ponte a Vendola, e il Terzo polo. Più che una coalizione politica sembra una sezione del Genio civile, il dipartimento pontieri, che tanto ruolo ha svolto nelle Guerre mondiali e tanto ruolo svolge oggi nei momenti di disastri naturali. È una nuova dottrina politica per la quale non contano i pezzi da mettere insieme, ma i ponti che tra questi pezzi si mettono su.
Intendiamoci, quando abbiamo detto che questi signori vengono dalla borghesia milanese volevamo riferirci al ceto sociale di provenienza, perché poi è molto dubbio che tutti questi messi insieme possano aspirare a raccogliere i voti della borghesia milanese, che sono cosa diversa. Infatti, i vari Bassetti, Martinotti, Vitale, Ranci, Fontana, Artali, De Lillo, Beltrami Gadola, Onida redidivo e Schlesinger non fanno un partito politico, si occupano solo di costruire il ponte.
Hanno anche un programma che si articola in tre punti: internazionalizzazione della città, ascolto dei cittadini e delle aree di bisogno, piano di sviluppo della città in senso metropolitano. Per carità, idee ottime, ma che dovrebbero servire a mettere daccordo la coalizione di Pisapia con il Terzo polo. Magari su questi temi un accordo lo trovano. Il problema è mettere insieme Casini con Vendola e compagnia. Si chiamano Cinquantuno perché vogliono arrivare al 51 per cento. A parte il fatto che è un po difficile, ma comunque, anche se ci arrivassero, quei ponti lì quanto starebbero in piedi? I pontieri, generalmente, si chiamano così perché fanno dei ponti temporanei. In attesa che vengano costruiti quelli permanenti. Siccome Bassetti ha detto che fa il pontiere, penso che sappia che fa qualcosa di temporaneo, molto temporaneo, quasi istantaneo. E questa è la debolezza cronica del centrosinistra - e simmetricamente ciò rappresenta una forza per il centrodestra -, quella di pensare di poter fare delle alleanze, dei ponti, da attraversare per raggiungere il potere. Una volta tolti i ponti rimangono i fossati. Basta ricordare quelli di Prodi fra il 2006 e il 2008. Siamo esattamente nella stessa situazione: limpossibilità politica, e ancora di più culturale, di una sintesi fra le isolette che i ponti di Bassetti vorrebbero unire.
Milano ha davanti questa grandissima sfida che è lExpo del 2015. Il centrodestra milanese guidato da Letizia Moratti non ha sempre dato una immagine brillante poiché i tentennamenti hanno superato spesso le decisioni, i personalismi lo spirito di corpo, le gelosie tra istituzioni il necessario lavoro comune. Si è perso tempo, molto tempo. Da qui al 2015 non cè più un secondo da perdere e invece, un po ancora, inspiegabilmente, si cincischia. Non possiamo permettercelo e certamente la coalizione di centrosinistra fatta di ponti e di pontieri aumenterebbe il livello del pantano, che è quanto di più distante da ciò di cui cè bisogno.
La comunità internazionale è apparentemente distratta sullExpo, ma non mancherebbe, nel caso in cui le cose non prendano a correre, di rilevarlo e di ledere limmagine nazionale. Infatti lExpo non è una questione nazionale, tanto meno lombarda o milanese.
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