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Quel comunismo che resiste soltanto nella toponomastica

Quel comunismo che resiste soltanto nella toponomastica

(...) e l’idea di una strada in nome di Fabrizio Quattrocchi è ancora un’utopia, a Savona hanno ancora orgogliosamente «via Stalingrado» e a Genova «via Togliatti». Dove «via», purtroppo, non è un’esortazione a cacciare gli intestatari della strada, cercando di scrivere una toponomastica più vicina alla democrazia.
Intendiamoci, non è che l’essere comunisti o l’essere stati iscritti al Pci sia automaticamente sinonimo di chissà quali nefandezze. E, personalmente, conosco persone che vengono da quella storia e che quella storia non rinnegano, ma che hanno una profonda sensibilità e che mi hanno regalato gocce di umanità. Non «amici», non ancora. Ma persone per cui ho stima, come Renato Penzo, tesoriere storico del Pci prima, del Pds e dei Ds poi, che ci ha regalato una bellissima testimonianza umana della sua infanzia su un ragazzo e una ragazza probabilmente uccisi solo perché fascisti e ha testimoniato di esserci vicino su storie piccole, ma belle, edificanti: penso anche al «Fair Play Village» della Sampdoria voluto dall’ottimo Vittorio Garrone e dall’abbondante, oltre che ottimo, Andrea Sampietro di Confagricoltura. Una storia che riscatta le tristezze blucerchiate dell’anno.
Insomma, siamo anticomunisti, ma non demonizziamo a prescindere tutti i comunisti. Demonizziamo però l’esaltazione postuma del peggior comunismo. Anche nella toponomastica.
Mi riferisco, ovviamente, soprattutto alla savonese «via Stalingrado», che richiama un posto che non c’è più nemmeno in Russia. Eppure sopravvive nelle Russie italiane, in Liguria e, ad esempio, a Bologna, dove è uno snodo vitale per la viabilità felsinea.
E proprio a Savona, di questi tempi, ci sono polemiche sull’idea di dedicare la passeggiata del prolungamento a Sandro Pertini, scelta già fatta dal Comune e dalla commissione toponomastica.
Oddio, meglio di «Stalingrado» (a proposito, lo segna errore anche il correttore automatico del computer), in realtà, «via Pertini» lo è. Quantomeno, perché l’ex presidente della Repubblica è nato a Stella, in provincia di Savona. E, soprattutto, è identificato come il «bene assoluto» da una larga fetta di italiani, anche quelli della mia generazione per cui è stato sufficiente che il Capo dello Stato ligure sia andato fra i terremotati dell’Irpinia quando nessun politico lo faceva o a Vermicino a portare la sua partecipazione al dramma di Alfredino, della sua mamma e dell’Italia.
Basta ricordare uno dei suoi «nevvero» o dei suoi saluti burberi ai bambini per essere annoverati fra i sinceri democratici. E la frase sul «presidente più amato dagli italiani» è quasi un’endiadi indissolubile con il nome e cognome «Sandro Pertini», trattato come fosse un papa Giovanni del Quirinale che dà la carezza da portare a casa ai bambini. Dal «Papa buono» al «presidente buono».
Ma occorre avere il coraggio di dire che, nel migliore dei casi, molte delle decisioni di Pertini, anche quelle più gradite al popolo, furono demagogiche o sbagliate, come l’intervento che portò alla smilitarizzazione dei controllori di volo o alcune esternazioni surreali.
Quindi, anche solo alla luce del settennato al Quirinale, si potrebbe discutere dell’intitolazione della strada a Savona. Ma è il consigliere comunale del Pdl Fausto Benvenuto, nostro caro lettore spesso presente anche nelle classifiche dei tagliandini per i municipi, a dare voce alle posizioni politicamente scorrette, avendo il coraggio anche di andare contro suoi compagni di gruppo di provenienza ex An e addirittura dalla destra sociale degli eredi missini che - come fossero in preda a una sorta di sindrome di Stoccolma politica - hanno immediatamente aderito al racconto di Sandro Pertini come di un santino laico.
Invece, Benvenuto - un pidiellino che ha il coraggio delle sue idee, anche quando sono scomode - ha scandito forte e chiaro: «L’errore più grande è il pensiero unico che si annida in questa giunta Berruti (l’amministrazione del sindaco Pd che guida Savona ndr) - che non consulta mai le opposizioni e appare sequestrata da una visione marxista-leninista della società».
E, a partire dalla toponomastica, Benvenuto va giù durissimo. Duro della coerenza e del vizio della memoria: «Su Pertini non posso dimenticare l’apologia che fece di un dittatore sanguinario come Stalin nel giorno della morte. Disse: “È un gigante della storia e la sua memoria non conoscerà tramonto“. Penso che dedicare ad un ex sodale dell’Unione Sovietica il Prolungamento sia discutibile».

E non manca un tocco ironico: «Più coerente sarebbe intitolargli la parte finale di via Stalingrado, come peraltro chiesto dal Psi». Come se lo stradario fosse anche una continuazione della storia.
Ecco, anche a noi piace non dimenticare. Niente, però.

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