Quel Goldoni grazioso fa il verso al teatro napoletano

Piacevole, fresca ma prevedibile «La trilogia della villeggiatura» vista da Toni Servillo. In scena al Grassi di Milano fino al 9 dicembre

Quel Goldoni grazioso fa il verso al teatro  napoletano

Negli ultimi cinquant'anni del teatro italiano si sono succedute a cicliche scadenze cinque edizioni della Trilogia della villeggiatura. Lo splendido trittico di Goldoni nel quale il nostro grande poeta raffigura, tra ironici distinguo e struggente tenerezza per il mondo borghese fotografato al momento della sua inesorabile caduta nella gabbia del conformismo, il declino del discorso amoroso tutt'uno al progressivo declinare delle fortune economiche di quella classe che s'illudeva di aver sostituito l'aristocrazia. In spettacoli di matrice opposta idealmente accomunati da una rivisitazione critica del settecento veneziano.
A partire dal grande revival di Strehler fino alla virata sul pessimismo nero del suo ex allievo Missiroli fino al grottesco memore di Strindberg di Massimo Castri. A cui due anni or sono ha contrastato con esiti felicissimi la rilettura in chiave contemporanea di Luca De Fusco.
Ora Toni Servillo, dopo aver affrontato Marivaux in salsa napoletana, tenta di applicare la stessa ricetta a questo capolavoro puntando vistosamente le carte su quella che, negli anni, è diventata la sigla vincente del suo singolare manierismo. Esemplificato, come è sua abitudine, in una scena spoglia di orpelli che ricorda il palco brechtiano, in alcune strizzatine d'occhio ai tic contemporanei (Giacinta che, sotto un vistoso cappello di paglia sprofonda in una chaise longue come nello spettacolo di De Fusco) e in una inopportuna predilezione per i corali da «basso» partenopeo.
Particolarmente evidenti questi ultimi nella gran scena finale in casa della ruffiana Costanza dove, allo scioglimento, si ritrovano tutti i protagonisti di questa tristissima commedia con brio giustamente concepita ab origine da Strehler in odor di cechovismo in anticipo sui tempi.
Ne è risultato uno spettacolo di piacevole levità e freschezza, ma niente più, privo di quelle illuminanti indicazioni di poetica che ci si poteva legittimamente aspettare. Forse, anche per colpa di un cast vistosamente eterogeneo dove, ad eccezione di Servillo stesso abilmente assecondato da Graziosi e Ragno, peccano per superficialità e acerbità di mestiere la chiassosa Eva Cambiale e la rigida e impomatata Anna Della Rosa.



TRILOGIA DELLA VILLEGGIATURA - di Carlo Goldoni Teatri Uniti e Piccolo Teatro di Milano. Regia e interpretazione di Toni Servillo, con Paolo Graziosi, Gigio Morra, Andrea Renzi. Milano, Teatro Grassi, fino al 9 dicembre

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