Mosè Bordero, questo il suo nome. Ogni mattina Mosè si sveglia alle cinque e fino a sera lavora alla sua creazione. È da solo nel grande capannone di Casarza Ligure e tra poco compirà 80 anni, ma la vitalità e l'ingegno gli permettono di muoversi perfettamente tra tracciati e grandi travi, di sollevarle e curvarle. Vuole costruire un Leudo Mosè e farlo interamente da solo, impresa unica nella storia della progettazione navale. «Non sono superbo, ma se mi facessi aiutare da qualcuno perderei tutto il divertimento, perché sa - racconta capitan Bordero con la gioia di chi sa trasmettere con umiltà tutta la propria saggezza - quando l'uomo si trova di fronte alle difficoltà e riesce a superarle, allora quello diventa un gioco». La passione per il mare ha in lui radici lontane, proveniente da una famiglia rivana di possessori di Leudi, che allora era l'imbarcazione più diffusa in Liguria, o meglio di «Rivanetti» e cioè una copia più piccola, ha solcato i mari del mondo come ufficiale della Marina mercantile «quando il punto nave era calcolato osservando le stelle e un errore era impensabile».
Ebbene l'idea di questo Leudo gli viene tre anni fa, pensando alla progressiva scomparsa di questa imbarcazione-simbolo dell'intelligenza dei Liguri, di generazioni di uomini e marinai: «Il Leudo fu progettato prima di tutto per facilitare gli spostamenti interni alla Liguria, quando le strade presenti sul territorio erano solo creuze e poi per la pesca di acciughe in acque africane; solo con la costruzione delle Ferrovie divenne un mezzo per il trasporto delle merci. I Liguri riuscirono nell'impresa di disegnare un mezzo veloce e capace di navigare in acque poco profonde e che dunque evitasse le rotte dei pirati, che potesse essere tirato in secca sulla spiaggia, capace di trasportare un grande carico e di sopportare tutte le intemperie: ecco allora lo scafo curvo, la vela latina, i suoi 15 metri ideali sia per l'onda lunga che per quella corta, un mezzo però che dev'essere comandato da un uomo capace, conoscitore dei mari e dei venti». Mosè ha elaborato un metodo sperimentale, che gli è valso i complimenti degli ingegneri inglesi: trasportando tutto il lavoro su un banco da lui costruito, ha tracciato le linee d'acqua ogni 10 centimetri, ha unito i punti e assemblato. Ora l'intera ossatura della nave è in piedi: «Quando ho iniziato non sapevo come avrei potuto procedere - confessa - solo affrontando giorno per giorno le difficoltà sono riuscito a capire la strada giusta e ora ho la consapevolezza di farcela!».
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