Quel patto inossidabile tra Senatùr e Cavaliere

Berlusconi e Bossi non sono un’alleanza politica, sono più di essa: sono un evento di cui le due figure fanno parte in modo distinto ma integrato, in modo che una è coessenziale all’altra. La prima Repubblica finiva nella vergogna: e la magistratura e i poteri forti, anche americani, sceglievano il partito postcomunista come la guida legittima della politica italiana costringendo i partiti occidentali all’auto dissoluzione. Questo evento traumatico era stato preceduto fortunatamente da un atto di ribellione alla prima Repubblica fatta da Bossi e dalla Lega lombarda in nome dell’indipendentismo. Ma questa era una soluzione senza uscite perché la Padania non era mai esistita. Era un’idea geografica, non una comunità storica. Non corrispondeva alla Catalogna che era stata un regno, una lingua, un impero. La risposta era diversa: e fu quella di Berlusconi di creare un’alleanza nazionale che comprendesse tutte le forze estranee alla prima Repubblica compresi i missini.
L’idea comune era che la società civile del nord prendeva la direzione della politica e la toglieva ai partiti, creava una forma nuova in cui non era più l’ideologia a definire la politica ma la realtà. E in primo luogo la realtà del nord, che reggeva il peso dell’economia italiana e il suo inserimento europeo internazionale.
La società economica, così disprezzata dall’ideologia dei partiti, sia della Dc che del Partito comunista, prendeva evidenza e fondava così una nuova politica che ha dovuto fondere a un tempo la rottura operata da Bossi e l’inclusione della rottura operata da Berlusconi. Così ora questa nuova politica è divenuta maggioritaria dopo ampie lotte e ha prodotto una realtà in cui la leadership personale e non più l’ideologia costruisce il senso. Bossi esprime una militanza politica e Berlusconi la include in un progetto globale.
Il punto centrale del nuovo governo è stato l’impegno per Napoli, dove il cuore della politica democristiana e socialista era fallito nei segni più visibili del degrado e della sconfitta. Tre consigli dei ministri convocati a Napoli hanno mostrato che la connessione di ribellione e di continuità, operata insieme da Bossi e da Berlusconi, è divenuta la forma di Stato del paese. Ciò che rimaneva della sua mimesi da parte dei post cattolici, dei postdemocristiani e dei postcomunisti è fallita per sua stessa auto distruzione.
Ed è per questa solidarietà nell’evento cofondativo della nuova politica che l’unità tra Berlusconi e Bossi è il punto centrale della politica italiana. Indica la centralità dell’economia, della società civile, della leadership personale per costruire la presenza dell'Italia come sistema nella grande crisi che ora avvolge il mondo occidentale e a cui Giulio Tremonti ha saputo dare efficaci parole. Maroni è il ministro degli Interni del governo Berlusconi e come tale ha avuto grande successo ponendo i problemi che solo lo Stato può risolvere, anche se questo domanda investimenti pubblici che per ora si scontrano con la linea di riduzione della spesa pubblica voluta da Tremonti. Il tentativo di creare un asse federalista autonomo della Lega rispetto al Pd è stato riequilibrato da Bossi. Egli ha ben ricordato le difficoltà che la magistratura ebbe all'inizio con il suo movimento: proprio perché esso era nato come indipendentista e il padanismo rimane, pur nei suoi limiti, un linguaggio referenziale.
Per questo non solo Bossi ha appoggiato l’idea di Berlusconi di far avanzare la riforma della giustizia parallelamente al federalismo fiscale. Ha ricordato cioè che sia la Lega che Forza Italia nascono da movimenti illegittimi per il sistema della Costituzione che si riconosce soltanto ai partiti antifascisti. E anche le frasi aggressive che hanno sconcertato la sinistra e anche gli alleati di governo rispondono al medesimo criterio: quello di porre l'evento iniziale di rottura come fondamento dell'alleanza originaria e della complementarietà con Berlusconi.


L’idea di un’intesa con il Pd fuori della linea di governo è fuori della posizione di Bossi che, per questo, pone un tracciato netto di rottura verso una bilateralità puramente tecnico-istituzionale sul federalismo con il Partito democratico.
Gianni Baget Bozzobagetbozzo@ragionpolitica.it

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