Politica

Quel Prodi «senza cervello» in piazza contro Berlusconi

Che bello un corteo così numeroso. È una Finanziaria irresponsabile

Giuseppe Salvaggiulo

da Milano

Se chi manifesta contro la Finanziaria è «senza cervello», come sostenuto dal presidente del Consiglio, allora che film abbiamo visto negli ultimi anni, quando le piazze italiane sono state periodicamente inondate di cortei di ogni sorta, organizzati dal centrosinistra contro Berlusconi? Blocchi stradali di cassintegrati, picchettaggi di lavoratori, sfilate di bambini, sit-in di pensionati, girotondi di intellettuali: abbiamo sognato? Ed era una controfigura di Romano Prodi, quel leader che arringava le piazze contro le manovre del governo di centrodestra?
Il dubbio è lecito. Non si ricorda Finanziaria, nei cinque anni di governo Berlusconi, che non sia stata contestata dall’opposizione in piazza. A partire dall’autunno del 2001, con il centrodestra all’opera da qualche mese. Il 13 novembre si riuniscono i senatori del centrosinistra e «chiedono al vertice dell’Ulivo di indire una grande manifestazione nazionale a Roma per protestare contro la Finanziaria che danneggia le famiglie, i pensionati e il Mezzogiorno». Nel frattempo, organizzano «assemblee popolari nei collegi e incontri con le forze sociali».
Ma l’Ulivo non si mette d’accordo e il corteo non si fa. Passa un anno e ci risiamo: il 9 settembre il vertice dei segretari dei partiti decide «una grande manifestazione in ottobre per presentare una Finanziaria alternativa a quella del governo». Poi Nanni Moretti riempie piazza San Giovanni, la Cgil si mobilita a Napoli, l’Ulivo torna a dividersi sul rapporto con i movimenti e il corteo viene rimandato all’anno successivo.
Tanto c’è sempre una Finanziaria per cui andare in piazza. Basta mettersi d’accordo. E finalmente nel 2003 ci riescono: la mattina del 9 novembre, sul palco del teatro Brancaccio a Roma, il centrosinistra si ritrova come non accadeva da sei anni. La platea scandisce il coro «Unità! Unità!» mentre i leader salutano davanti a un grande striscione con la scritta «Difendiamo le tasche degli italiani. Manifestazione nazionale delle opposizioni contro la Finanziaria». Fassino evoca Prodi, «leader naturale dell’Ulivo», però il Professore non c’è. Esiliato a Bruxelles ma ancora per poco, ha già lanciato la lista unitaria per le Europee e prepara il grande ritorno.
E quale migliore occasione di una manifestazione contro la Finanziaria? Appunto. Prodi la convoca per il 6 novembre 2004 e annuncia: «Sarà l’occasione per il mio rientro in Italia». Poi ci ripensa e la rimanda di un mese. Quindi sposta anche la città: da Roma a Milano. Infine cambia la sede del comizio: da piazza Duomo al Palalido. Nel frattempo, il centrosinistra «conferma la massima mobilitazione e convoca in tutti i capoluoghi iniziative e manifestazioni contro la Finanziaria». A quella organizzata dai sindacati a Roma il 30 novembre, sfila anche il Professore: «È un inizio molto importante perché è una chiara manifestazione di disagio nei confronti del governo».
L’11 dicembre, a Milano, la grande manifestazione si fa. Prodi parla a 10mila militanti «contro la Finanziaria dei tagli», denuncia che «hanno cercato di dipingerci come il partito delle tasse ma sbagliano». Fausto Bertinotti commosso: «Un discorso di frontiera».
Passa un altro anno, il Professore ci ha preso gusto. Altra Finanziaria, altre manifestazioni. Il 3 ottobre 2005 a Palermo lancia l’urlo di battaglia: «Infame la Finanziaria messa in piedi da questo governo!». E dà appuntamento a Roma «per protestare contro una manovra che non risana, ma punisce».
Il 9 ottobre, in Piazza del popolo, bandiere e palloncini a profusione, inno di Mameli cantato dai leader sul palco. Diretta su RaiTre. «Una delle più belle manifestazioni degli ultimi anni: bella, gioiosa, numerosa», sorride Prodi. La Finanziaria? «Irresponsabile e classista». Berlusconi? «Inadeguato». La Casa delle libertà? «Incapace e litigiosa». Il governo? «Inetto, al punto di offendere e umiliare l’Italia». Bertinotti entusiasta: «Ha alzato i toni come chiede il suo popolo».
Erano in centomila, quel giorno in piazza, a spellarsi le mani per queste vibranti parole. Avessero saputo di essere tutti «senza cervello»...
giuseppe.

salvaggiulo@ilgiornale.it

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